Cinemapiù 44
lunedì 29 Aprile 2024, 11:03
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L’AFFIDO – UNA STORIA DI VIOLENZA venerdì 24 novembre 2023 ore 20.00
domenica 19 Novembre 2023, 12:31
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Jusqu’à la Garde
di Xavier Legrand
con Léa Drucker, Denis Menochet, Thomas Gioria, Mathilde Auneveux, Mathieu Saikal
Francia 2017 93′

Il valore di un film come L’affido – una storia di violenza non riguarda solo il fatto di affrontare il tema delle separazioni famigliari e della guerra che si scatena allorquando uno dei due genitori fatica ad accettare le conseguenze di questa realtà. Ciò che colpisce, e che deve aver convinto i giurati della Mostra del cinema ad assegnare al film il Leone d’argento per la miglior regia, è la maniera con la quale Xavier Legrand riesce a evitare la retorica che di solito scandisce le discussioni riguardo al problema. Niente di tutto questo ritroviamo in L’affido – una storia di violenza perché nel film il luogo della riflessione rimane fuori campo, assegnato allo spettatore quando le luci si accendono ed è tempo di lasciare la sala. Prima di allora c’è spazio solo per la tensione che procura il succedersi degli avvenimenti e l’incalzare della violenza – prima psicologica e poi materiale – messa in circolazione da Antoine (il minaccioso Denis Ménochet) nei confronti di Miriam, la ex moglie, e di Julien, il figlio minorenne, di cui la sentenza del giudice deve decidere i termini dell’affidamento.

L’inizio del film è a dir poco geniale, poiché il regista si diverte a confondere le acque con una lunga sequenza dibattimentale in cui la burocrazia del giudice e la dialettica tra le parti sembra aprire L’affido – una storia di violenza a due possibili sviluppi. Il primo, proprio del legal drama, volto ad approfondire le ragioni dell’uno e dell’altro, filtrandole attraverso i parametri legislativi, il secondo, invece, inteso a scoprire, con le forme del thriller, se le accuse (di violenza) della moglie nei confronti del marito siano vere oppure no. Quindi, da una parte a ragionare in termini giuridici, analizzando se l’apparato normativo sia ancora aderente alle evoluzioni dell’istituto familiare, dall’altra a portare la storia dalle parti di un intrattenimento avvincente e popolare, legato alla capacità di tenere sospesa fino all’ultimo la reale personalità dell’accusato.

La scelta di Legrand ricade invece su una terza via, avulsa da mediazioni esterne e, al contrario, concentrata sulla storia con un’istintualità che gli consente di evitare le derive a cui un’operazione del genere si prestava. La controprova di quello che diciamo si misura a più livelli: da quello narrativo, riempito in toto dal meccanismo di azione-reazione che scaturisce dall’ossessione del genitore nei confronti della propria famiglia, a quello dei contenuti, privati di un sottotesto che ragioni sul tema degli abusi famigliari, qui sostituito dalla pragmatica evidenza con la quale il film mette in scena i fatti; e finanche dal punto di vista teorico, dove, tolte di mezzo le forme di genere, è il controllo del dispositivo drammaturgico a permettere all’opera di risultare appassionante e tesa senza bisogno di ricorre a spettacolarizzazioni che svilirebbero la serietà con cui viene affrontata la faccenda. Concentrandosi esclusivamente sulle emozioni dei personaggi, L’affido – una storia di violenzanon fa mistero – rispetto alle incertezze iniziali – sulla reale natura dei personaggi e, anzi, è proprio l’esasperazione delle rispettive posizioni, da quella di carnefice assunta dal padre, a quella di vittime incarnata dalla moglie e dal figlio, a fare precipitare la situazione, trasformando la disputa in un incubo ad occhi aperti. In questo senso, uno dei punti di forza del film è la capacità degli attori di far vivere sulle proprie facce la follia e la paura che li attanaglia, con una menzione speciale per Thomas Gioria, il quale, nei panni di Julien dà vita a un’interpretazione da brivido, sicuramente una delle più meritevoli della Mostra. Ispirato a una storia vera e sviluppato da un precedente cortometraggio girato dallo stesso Legrand, L’affido – una storia di violenza ha vinto anche il premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” assegnato dalla Mostra dell’Arte Cinematografica di Venezia alla migliore opera prima.
Ondacinema, Carlo Cerofolini

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Ruben Östlund, l’estetica della vulnerabilità umana VENERDI’ 14 APRILE 2023 ore 20.45
venerdì 14 Aprile 2023, 22:39
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THE SQUARE
di Ruben Östlund
con Claes Bang, Elisabeth Moss, Dominic West, Terry Notary, Christopher Læssø
Svezia/Danimarca/USA/Francia. 2017 142 


Palma d’Oro a Cannes 2017, nonché candidato 2018 all’Oscar nella cinquina dei migliori film stranieri, The Square non ha soddisfatto tutti: chi ne ha ammirato l’eleganza e l’acume; chi, invece, lo ha trovato intellettualistico e snob. In effetti il regista danese Ruben Ostlund non è tipo da far sconti al pubblico: il film è una specie di ufo, che si fa beffe dell’arte contemporanea, delle nostre società ‘civili’ e un po’ anche di chi lo guarda. Sotto, però, c’è un discorso morale (a tratti perfino moralistico) che interpella lo spettatore sul suo comportamento nel mondo globalizzato e nell’infosfera: sappiamo effettivamente comunicare come crediamo? Siamo davvero così aperti e democratici (per esempio verso gli immigrati) come pensa di sé Christian, che si rivelerà invece – più o meno inconsciamente – razzista? Attraverso di lui, personaggio senza empatia che respinge l’identificazione, incapace di guardare oltre sé stesso anche nelle relazioni amorose, il film ci obbliga a riflettere sull’egoismo generalizzato che modella le nostre vite.

(…) Diverse scene sono quasi una lezione di sociologia; e forse spiegano perché alcuni non lo abbiano apprezzato. A tratti The Square è un po’ troppo dimostrativo: come se, da una cattedra, volesse darci una lezione intorno al declino dell’Occidente, su cui Ostlund è pronto a giurare. (…) Man mano che procede, The Square diventa sempre più caustico, provocatorio e beffardo. E anche imprevedibile: il che non dovrebbe dispiacere a chi, in un film, ama trovare qualcosa d’inaspettato.”
Roberto Nepoti, La Repubblica

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IL GESTO DELLO SCATTO VENERDÌ 24 MARZO ORE 20.45
martedì 21 Marzo 2023, 11:02
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ROBERT DOISNEAU, LA LENTE DELLE MERAVIGLIE
Robert Doisneau, le révolté du merveilleux

di Clémentine Deroudille
con Clémentine Deroudille, Éric Caravaca, Sabine Azéma, Quentin Bajac, Jean-Claude Carrière, Philippe Delerm, Annette Doisneau, Robert Doisneau, Annick Geille, Monah H. Gettner

Francia 2016 83′

Troppe volte l’opera di Robert Doisneau, uno dei più grandi fotografi del XX secolo, è stata ridotta alla fotografia di “Le Baiser de l’Hôtel de Ville”. Un’immagine che ha conosciuto un destino fuori dal comune. Pubblicata senza rumore sulle pagine di “Life” nel 1950, è soltanto negli anni Ottanta che acquista valore di simbolo. Riprodotta un po’ dappertutto, regala a Doisneau gloria e fortuna e traduce lo spettacolare cambiamento di statuto di una fotografia: da immagine anonima sfogliata dentro un giornale a copia di artista ammirata al museo. Archetipo dell’istantanea, una causa giudiziaria rivela la messa in scena, i due amanti sono attori retribuiti. I francesi si indignano e dimenticano uno dei talenti di Doisneau: dare l’illusione dell’istantanea facendo posare i passanti in un décor urbano reale. Questo bacio ‘preconfezionato’ riassume velocemente e troppo male un’opera umanista, che figlie e nipoti sanno valorizzare e hanno valorizzato trasformando la residenza familiare di Montrouge in un incredibile archivio. 

In quella nutrita iconografia, Clémentine Deroudille, nipote del celebre artista, pesca a pieni mani e a cuore pieno, superando l’immagine riduttiva (“Le Baiser de l’Hôtel de Ville”) e vincendo i pregiudizi (lo sguardo di Doisneau è andato oltre Parigi e le banlieue). 

Robert Doisneau – La lente delle meraviglie è un ritratto intimo dell’uomo e all’artista. Una lettera d’amore che cerca le parole nelle fotografie inedite, negli home movie, nei video d’archivio e nelle conversazioni con gli amici e i complici di sempre. Da Daniel Pennac a Sabine Azéma, passando per Jean-Claude Carrière, Doisneau si dispiega: “curioso, disubbidiente e paziente come un pescatore con la lenza”. Flâneur del pavé che adorava le nostalgiche banlieue come le nuove architetture, aveva conosciuto la guerra e il fronte, aveva fatto la resistenza senza parlare ma scegliendo di portare uno sguardo di sensibilità sul mondo.
Robert Doisneau apparteneva alla categoria dei vagabondi, i vagabondi della fotografia che partecipano a una dimensione umana marginale senza paura di compromettersi con quella mondana. Doisneau firma con Blaise Cendrars, un libro sul petit peuple delle periferie (“Le Banlieue de Paris”), immortalando i poemi visuali della rue, e un contratto esclusivo di tre anni con “Vogue” fotografando l’attualità glamour dell’epoca, i ritratti di personalità, la moda e le cronache aristocratiche di Parigi.
Marzia Gandolfi, Mymovies

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Ruben Östlund, l’estetica della vulnerabilità umana VENERDI’ 17 MARZO 2023 ore 20.45
martedì 14 Marzo 2023, 21:00
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FORZA MAGGIORE
Force Majeure

di Ruben Östlund
con Johannes Kuhnke, Lisa Loven Kongsli, Clara Wettergren, Vincent Wettergren, Kristofer Hivju
Francia/Danimarca/Germania   2014  118′

Come in Play, il finale è la parte meno sicura e più stiracchiata dell’insieme, ma in generale Forza Maggiore è una graditissima conferma del talento di Ostlund e del suo cinema dell’assurdo sociale, intelligente e rivelatore. Le lunghe inquadrature a macchina fissa, marchio di fabbrica del regista e dichiarazione aperta di una poetica che aspira a mescolare ironia ed entomologia, si arricchiscono in quest’occasione della potenza evocativa che viene dal paesaggio, dal suo bianco destabilizzante e dalle profondità delle gole, in esterni, ma anche dall’architettura degli interni, tanto moderna quanto a suo modo alienante, e del commento musicale, pensato – non senza divertimento – come una sorta di “destino che bussa alla porta”. La trasferta della famiglia svedese nelle montagne francesi è anche l’occasione, per il regista, per guardarsi dall’esterno e criticare il mito della solidarietà scandinava di contro alla legge della giungla dell’individualismo, del dialogo come pratica consolidata di contro agli accessi d’ira o alle scenate d’isteria, e soprattutto del discorso di genere politicamente corretto, per cui le differenze tra uomini e donne sono diventate un argomento curiosamente tabù.
Come nel miglior cinema d’alta montagna, allora, il corpo e la psiche degli attori si muovono in silenziosa corrispondenza con la natura, libera e minacciosa, ma non si pensi ad un film drammatico, perché con Forza Maggiore si ride moltissimo. Come in una commedia degli equivoci, infatti, il virus che ha colpito Tomas e Ebba si diffonde rapidamente ad intaccare le certezze dei loro ospiti più giovani, modificandosi per adattarsi alle diverse condizioni della loro coppia ed esacerbare i loro specifici non detti. Colpito dai risultati di una serie di ricerche che osservavano un incremento dei divorzi nelle coppie sopravvissute ad un’esperienza fortemente drammatica (un dirottamento o uno tsunami, per esempio), Ostlund raccoglie la suggestione e la trasforma in cinema, innescando un parallelismo tra il percorso inarrestabile di un’emozione e quello del tutto simile di una slavina.
Basta questo breve resoconto dell’incipit del film per capire che siamo in presenza di un’ottima idea, che il regista svedese, già autore del notevole Play , sa sfruttare al meglio. Tomas e Ebba sono i genitori di Vera e Harry. Tomas lavora molto, dunque questa vacanza sulle Alpi, hotel di lusso e giornate dedicate allo scii tutti insieme, parte con grandi aspettative. Ma accade un imprevisto. Mentre siedono per pranzo ai tavoli all’aperto di un ristorante panoramico, una valanga si dirige a grande velocità verso di loro e pare destinata a travolgerli. L’istinto di Tomas è quello di mettersi in salvo il più in fretta possibile, l’istinto di Ebba è quello di proteggere i figli ed eventualmente morire con loro. La valanga si arresta prima e i quattro rientrano sani e salvi. Ma qualcosa nella coppia si è incrinato ed è una crepa che è destinata ad aprirsi sempre di più.
Marianna Cappi , Mymovies.it

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CINEMA BRASILIANO venerdì 10 marzo ore 20.45
lunedì 06 Marzo 2023, 11:16
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E’ ARRIVATA MIA FIGLIA!
Que Horas Ela Volta?
di Anna Muylaert
con Regina Casé, Michel Joelsas, Camila Márdila
Brasile 2015 114′

Dopo aver affidato la figlia Jessica alle cure e all’educazione di alcuni parenti nel nord del Brasile, Val trova un impiego a São Paulo come governante e svolge il suo lavoro con premura e attenzione. Tredici anni dopo, Jessica si presenta in visita e affronta sua madre criticandone l’atteggiamento succube e spiazzando tutti gli inquilini della casa con il suo comportamento imprevedibile.
La regia del film è di Anna Muylaert, acclamata regista e sceneggiatrice, oltre che critica cinematografica, e conosciuta soprattutto per l’eccentrico Durval Discos, e È proibido fumar, Miglior Film al Festival Internacional de Cinema de Brasilia e numerosi altri premi. Grazie a È arrivata mia figlia!’, la regista ha ottenuto un riconoscimento internazionale con il premio speciale della giuria al Sundance e il Gran premio del pubblico al Festival di Berlino. La pellicola affronta una tema molto sentito nella realtà brasiliana, un paradosso sociale risalente al periodo del colonialismo secondo il quale la società sia divisa in ordinamenti invalicabili. Un sistema tanto radicato da plasmare tutt’oggi l’architettura emotiva delle persone. Come racconta Anna Muylaertun, lo storia nasce dal bisogno di parlare di un problema reale ed è proprio per questo che se in un primo momento il progetto era stato pensato seguendo l’approccio di uno stile ricalcante la tradizione del realismo magico brasiliano, poi la regista ha optato per un strada più realistica. Riprendendo le sue parole, È arrivata mia figlia! può essere considerato un film sociale, ma non solo. Il suo approccio diretto “non intende né giudicare né esaltare i personaggi, vuole semplicemente mostrare la nuda verità”. La storia si articola come uno scontro generazionale di due donne, madre e figlia di umili origini, nate nel nordest del Paese. Protagonista è Val, interpretata da Regina Casé, una delle attrici brasiliane più conosciute in ambito teatrale, cinematografico e televisivo.
Angela Santomassimo, noteverticali.it

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