Risorse umane – 31.03.06
Resources humaines Francia 1999 107’
di: Leonard Cantet
con: Jalil Lespert, Jean-Claude Vallod, Chantal Barré, Veronique de Pandelaëre, Michel Begnez, Lucien Longueville
Frank, laureato in economia aziendale, torna al paese natio per uno stage estivo nella fabbrica dove il padre operaio lavora da trent’anni. È convinto di poter conciliare gli interessi di capitale e lavoro con una gestione intelligente ed equilibrata della legge sulle 35 ore settimanali. Quando scopre che l’hanno usato per far passare una ristrutturazione della fabbrica e la conseguente riduzione del personale, si schiera con i lavoratori e i sindacati che entrano in sciopero. Raro esempio di cinema sul mondo operaio che entra dentro la fabbrica industriale: “si focalizza in un luogo che definisce, nomina il nostro tempo…” (Pietro Ingrao). I suoi limiti di verismo dimostrativo, didattico, stilisticamente “normale” sono superati nel forte, coinvolgente finale con l’aspro rimprovero del figlio al padre – il personaggio espressivamente più riuscito – e nella sconsolata domanda conclusiva all’amico: “E qual è il tuo posto?”. Esordio del documentarista L. Cantet (1961), pluripremiato: 2 Césars (migliore opera prima, attore), San Sebastian, premio europeo Fassbinder, Premio Cipputi al Festival di Torino.
Il Morandini 2005
He got game – 17.03.06
He Got Game USA 1998 134’
di: Spike Lee
con: Denzel Washington, Ray Allen, Milla Jovovich, Rosario Dawson, Hill Harper, Zelda Harris, Ned Beatty, John Turturro
«He Got Game» è un’espressione idiomatica che, riferita a un campione di basket, significa più o meno «sa giocare, ha talento». É quel che tutti pensano di Jesus Shuttlesworth, ragazzino di New York, la miglior promessa dei licei d’America. (…) Di film sui neri ne abbiamo visti tanti, di Spike Lee (da Fa’ la cosa giusta a Jungle Fever fino a Clockers) e di altri registi. Ma questo é il primo in cui il basket esce dallo sfondo, rivelandosi molto più di uno sport: ovvero, una filosofia di vita, un modello culturale, uno strumento di riscatto sociale. Spike Lee lo usa per raccontare un tipico dramma edipico, imperniato sul difficile rapporto padre-figlio che è un altro tema tipico della cultura afroamericana. Il film ha difetti di sceneggiatura (è lungo e ha qualche personaggio di troppo) ma è fondamentalmente riuscito per la bellezza della regia e per la bravura dei due protagonisti. Ray Allen (Jesus) è un vero campione, Denzel Washington (Jake) è un bravissimo attore: la cosa incredibile è che il primo recita benissimo e il secondo regge il paragone nella scena in cui Jake sfida Jesus a chi segnerà per primo 11 canestri. Compaiono anche, nei panni di se stessi, Bill Walton, Reggie Miller, Scottie Pippen, Charles Barkley, Shaq O’Neal e il sommo dei sommi, Michael Jordan: per i fans Nba, imperdibile.
l’Unità (29/10/1998), Alberto Crespi
Il ritorno – 03.03.06
Vozvraschenye Russia 2003 111’
di: Andrei Zvyagintsev
con: Ivan Dobronravov, Vladimir Garin, Konstantin Lavronenko, Natalya Vdovina
Dalla Mostra di Venezia fui facile profeta scrivendo: «Il ritorno è uno splendido esordio, impossibile non ritrovarlo fra i premiati». Com’è noto, la giuria pilotata da Mario Monicelli gli assegnò addirittura il Leone d’oro suscitando polemiche. Adesso arriva al pubblico e non resta che consigliare vivamente a chi ama il cinema questa singolare opera prima di Andrey Zvyagintsev. L’intrigo è basato su tre personaggi: un «padre prodigo» riapparso dopo molti anni, e due figli, Ivan e Andrey, 12 e 14 anni, che litigano sempre. Smettono solo nell’apprendere che è tornato papà e lo scoprono dormente nel letto simile al Cristo morto del Mantegna. In questo nitido film ricco di riferimenti figurativi gli eventi si snodano da una domenica all’altra e i misteri si accavallano. Se lo sconosciuto è davvero papà, dove è stato tutto questo tempo? Perché si fa accompagnare dai figli in una lunga trasferta in macchina e in motobarca con il pretesto di portarli a pesca? A chi telefona nelle soste? Cosa c’è nella cassetta che scava di nascosto all’interno di una baracca in un’isola remota? L’adulto alterna ordini e rimbrotti con qualche spunto affettuoso, ma se Andrey comincia ad accettarlo il piccolo Ivan non riesce a dominare il risentimento a lungo covato. Fatale come la pioggia che a scrosci flagella i gitanti, sul gruppo familiare incombe la tragedia. E alla fine c’è un morto. Come è successo tragicamente anche nella vita reale: nel lago che si vede nel film, è veramente affogato Vladimir Garin (nella storia è Andrey, il maggiore dei due ragazzi) mentre faceva il bagno.
Corriere della Sera (1/11/2003), Tullio Kezich