Ruben Östlund, l’estetica della vulnerabilità umana VENERDI’ 13 GENNAIO 2023 ore 20.45
INVOLUNTARY
De ofrivilliga
di Ruben Östlund
con Villmar Björkman, Linnea Cart-Lamy, Leif Edlund, Sara Eriksson, Lola Ewerlund
Svezia/Francia 2008 98′
Non è un documentario. Gli attori che recitano ci sono. Non è neppure una commedia. Perché troppo simile alla realtà. Eppure solitamente il cinema è lo specchio della realtà. Una contraddizione? No, quello che Ostlünd intende fare con Involuntary è una sorta di esperimento socio-antropologico. Come se nascondesse la telecamera per spiare uomini e donne che recitano la realtà, senza montaggio, senza tagli. Gli attori, liberi dalle costrizioni imposte dagli obblighi della finzione, reagiscono agli stimoli come se si trovassero realmente nelle situazioni presentate.
Ostlünd regala loro tutto il tempo che ritengono necessario per sviluppare l’azione, per costruire un rapporto credibile tra loro. Perché è proprio questo che sta a cuore al regista: raccontare come cambia il comportamento di un individuo inserito in un gruppo. E come spesso le dinamiche collettive finiscono per modificare e talvolta anche annullare scelte e valori personali. La società descritta è quella svedese ma il quadro che ne emerge potrebbe essere trasferito in ogni altro contesto. Perché le situazioni analizzate da Ostlünd sembrerebbero essere valide ovunque e sempre.
Il titolo stesso indica che, all’interno di un gruppo, la personalità dell’individuo muta in modo involontario e quasi inevitabile. Tante le circostanze possibili. Ana, poco più di una bambina, ma in compagnia delle amichette si trasforma in una lolita che posa maliziosa e ammiccante davanti alla webcam, beve alcol e stuzzica uomini incontrati sull’autobus. O per un uomo che adegua il suo comportamento alla situazione, la sua festa di compleanno, a casa sua. Fa l’eroe e si avvicina a un petardo imploso, si ferisce, sopporta senza chiamare i soccorsi pur di non rovinare la serata agli amici. O ancora per un gruppo di ragazzotti perditempo. Si trovano a scherzare oltremisura con uno dei loro. É divertente, ma c’è un limite e se ne accorgono troppo tardi.
L’unico montaggio presente nel film è nell’interruzione brusca di ogni situazione proprio nel momento in cui sta per compiersi una svolta. Più storie alternate e interrotte a intrecciarsi tra loro come in un unico puzzle dove il disegno è diverso ma il bordo si incastra perfettamente con il bordo degli altri pezzi. Come se il meccanismo in queste situazioni fosse sempre lo stesso e fosse Involuntary, involontario.
M.Beatrice Moia
Pizzicata – 08.06.07
Italia-Germania 1996 91’
di: Edoardo Winspear
con: Cosimo Cinieri, Fabio Frascaro, Chiara Torelli, Lamberto Probo, Paolo Massafra, Anna Dimitri, Ines D’Ambrosio
Nel 1943, alla vigilia dello sbarco alleato nell’Italia del Sud, il pilota Tony Marciano (F. Frascaro) di un ricognitore USA, abbattuto dalla contraerea tedesca sopra il Salento, trova ricovero nella famiglia dell’agricoltore Carmine Pantaleo (C. Cinieri), riscopre le proprie radici, s’innamora di Cosima (C. Torelli), una delle tre figlie di Carmine, scatenando la gelosia del suo promesso sposo, il ricco Pasquale (P. Massafra). 1o lungometraggio del cosmopolita E. Winspeare (1965), nato e cresciuto a Depressa (Lecce). Tranne C. Cinieri, tutti interpreti non professionisti, scelti nel Salento; tutti i componenti del cast tecnico provenienti dalle scuole di cinema di Monaco, Roma, Parigi. Notevole per la capacità di costruire una storia di sentimenti fondata su un’attenta ricerca etnica e antropologica. Pizzicata – o pizzica tarantata – è un ballo paesano che mima l’amore tra uomo e donna, il duello col pugnale, il ritmo musicale convulso che porta in trance le donne morse dalla tarantola. Musiche di Jérôme Harley. Distribuito senza successo dall’Academy. 1o premio Cittadella-Fuji 1997 al Festival di Arezzo del cinema indipendente italiano.
Il Morandini 2005
Mio cognato – 25.05.07
Italia 2002 90’
di: Alessandro Piva
con: Luigi Lo Cascio, Sergio Rubini, Mariangela Arcieri, Alessandra Sarno, Carolina Felline
A Bari, già tristemente famosa per gli scippi, è diffusa la pratica del furto d’auto con riscatto. La rubano, invece, a Vito, mite e grigio impiegatuccio. Il marito di sua sorella, Toni, assicuratore scafato dai molti intrallazzi, s’incarica di recuperarla, facendo con lui, a bordo di una rossa Saab cabriolé, un giro nel sottobosco malavitoso cittadino. La ricerca si conclude all’alba, dolorosamente. Scritto con Salvatore De Mola e il fratello Andrea, il 2o lungometraggio del salernitano A. Piva riprende gli umori acri e l’impietosa analisi di costume della commedia italiana dei Sessanta attraverso la contrapposizione dei due protagonisti, serviti dall’istrionismo (non sempre) ben temperato di S. Rubini e dall’intensità assorta di L. Lo Cascio. Pur con qualche civetteria di troppo nelle carrellate e nell’uso silente del campo/controcampo, è una commedia di carattere che conferma nell’autore di Lacapagira (1999) la capacità di uno sguardo su una società “double-face” – non soltanto pugliese… – dove il luccicante e affannoso benessere coabita con torbidi risvolti illegali e violenza. Spesso parlato in un dialetto pugliese stretto, ma senza i sottotitoli come nel film precedente, il che diminuisce il divertimento per gli italiani del Centro-nord. Prodotto da Giovanni Veronesi per la RAI.
Il Morandini 2005
Sangue vivo – 11.05.07
Italia 2000 95’
di: Edoardo Winspeare
con: Pino Zimba, Lamberto Probo, Claudio Giangreco, Alessandro Valenti, Ivan Verardo, Lucia Chiuri, Addolorata Turco, Morena Mighali
In una cittadina del Salento il cinquantenne Pino (P. Zimba) fa il contrabbandiere perché deve mantenere moglie, figli, madre, un’altra donna e il fratello minore Donato (L. Probo), talentoso musicista di “pizzica”, ma uomo debole allo sbando che si fa di eroina e vive di furtarelli e spaccio. Una rapina fallita sfocia in un epilogo letale. Non privo di difetti e di eccessi, “ingenuo e spavaldo, con troppa carne al fuoco e uno sguardo voracissimo” (Emiliano Morreale), il 2o film di E. Winspeare arriva – caso raro nel cinema italiano – attraverso gli schemi della sceneggiata dialettale e del melodramma (anche in senso specificamente musicale come nel precedente Pizzicata) a una dimensione tragica in chiave autodistruttiva per virtù di temi (amore fraterno, senso dell’onore, valentìa), di stile, di facce, di paesaggi (fotografia di P. Carnera). Musiche del gruppo Zoé. Antigone d’oro al festival del Mediterraneo di Montpellier, premi a San Sebastian e Sulmona, Grolla d’oro a Saint-Vincent.
Il Morandini 2005
Lacapagira – 27.04.07
Italia 1999 73’
di: Alessandro Piva
con: Dino Abbrescia, Mino Barbarese, Mimmo Mancini, Dante Marmone, Paolo Sassanelli
Dall’alba al tramonto di un giorno d’inverno a Bari nel giro della piccola malavita: traffico di albanesi immigrati, spaccio di droga (e un pacchetto, buttato da un treno, che non si trova), una bisca clandestina, criminali sfigati che delinquono poco e parlano molto (in dialetto stretto con molto turpiloquio). Costato 300 milioni, autofinanziato dal regista con 2 produttori locali, scritto dal fratello minore Andrea Piva, sfrangiato nella struttura narrativa, con prolissi indugi su corse in quattro o due ruote per superare la durata di 1 ora. L’esordiente A. Piva (1966) ha occhio e soprattutto orecchio e si è scelto gli attori giusti. Racconta la Bari malavitosa con un filo di tenerezza non priva di ironia e furbizia, mettendo a frutto la lezione teatrale di Eduardo. Premiato con il Nastro d’argento, il Donatello e il Ciak d’oro per l’opera prima e al Festival di Valencia per la colonna sonora. 1 miliardo d’incasso in Italia. Distribuito con sottotitoli in italiano.
Il Morandini 2005
La terra – 13.04.07
Italia 2005 112’
di: Sergio Rubini
con: Fabrizio Bentivoglio, Paolo Briguglia, Claudia Gerini, Sergio Rubini, Emilio Solfrizzi, Massimo Venturiello
La terra come metafora familiare di una tragedia che può anche renderci ridicoli. All’ottava regia Sergio Rubini realizza il suo film più ambizioso e maturo, più carnale e liberato. Come se il suo cammino a I’indietro alla ricerca delle proprie radici meridionali avesse finalmente captato segnali in chiaro. Per l’escamotage narrativo si affida a modelli assai alti: da La sfida de! samurai di Kurosawa (che poi divenne Per un pugno di dollari) al Padrino. passando per almeno un paio di strette parentele cinematografiche di coriaceo, romantico spessore: i Fratelli 0\ Rosi e di Ferrara. E dunque, il “samurai” che torna nel villaggio abbandonato anni prima è questa volta un professore di filosofia trapiantato a Milano, costretto a tornare in Puglia per sistemare alcune beghe familiari. Il Mezzogiorno di fuoco (sveltissimi i rimandi western) che si ritrova davanti agli occhi e che ricomincia a calpestare con timoroso smarrimento si trasforma nel sud di se stesso, in un vortice di ricerca che lo coinvolgerà definitivamente. La cinepresa di Rubini, svincolata e coppoliana, pensa in grande. E. la scelta del cast lo ripaga in ciascuna delle sfumature cesellate: Bentivoglio è il maggiore che si scopre patriarca. Venturiello il fratellastro che insegue amore sogni e donne, Briguglia la giovinezza idealista, Solfrizzi il corrotto indebitato, Giovanna DiRauso la purezza che reclama attenzioni. Mentre Rubini – nei panni di un volgare e raccapricciante usuraio – è il marchio indelebile di quanto si possa nuclearizzare il mondo contagiandolo con il male. Le musiche di Pino Donaggio suonano tra Bernard Herrmann e Morricone.
Film TV, Aldo Fittante