Frozen River – Fiume di ghiaccio – venerdì 01.06.2012 ore 20.30
sabato 19 Maggio 2012, 14:45
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Frozen River   USA   2008   98′
di Courtney Hunt
con Melissa Leo, Michael O’Keefe, Misty Upham

httpv://www.youtube.com/watch?v=7K4C8PzXcr0

In una zona a nord dello Stato di New York, al confine col Canada e con una riserva dei Mohawk, Ray Eddy vive con due figli e ha una casa prefabbricata da pagare a rate. Ha un lavoro saltuario e un marito scappato con il gruzzolo familiare. Convinta da una pellerossa emarginata, comincia a trasportare, nascosti nel bagagliaio dell’auto, immigrati clandestini attraverso il fiume ghiacciato San Lorenzo, favorita dal fatto che è bianca. Premiato al Sundance e a San Sebastian, vincitore al Noirfestival di Courmayeur, è stato definito da Tarantino il miglior thriller del 2008, ma quella dell’azione è solo la scorza di un film indipendente d’autore, girato in 4 settimane sotto zero, all’insegna di un microrealismo onesto, sincero e autentico in chiave femminile. Non a caso ebbe 2 candidature agli Oscar per la sceneggiatura (della stessa regista esordiente) e per l’attrice protagonista, una Leo con uno di quei volti forti, segnati dalle rughe, che raramente si vedono al cinema. Paesaggi e sentimenti contano come e più dell’azione. E c’è, nonostante tutto, una porta aperta alla speranza nel futuro.
Il Morandini

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Da quando Otar è partito – venerdì 18.05.2012 ore 20.30
sabato 05 Maggio 2012, 14:38
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Depuis qu’Otar est Parti   Francia   2003   102′
di Julie Bertucelli
con Dinara Drukarova, Esther Gorintin, Nino Khomasuridze

httpv://www.youtube.com/watch?v=C3E2O1txBPA

Tre donne sole e il gioco di una bugia pietosa Da quando Otar è partito è un esordio registico di straordinaria finezza. Dopo aver trascorsi sei mesi in Georgia per lavorare con Iosseliani, la documentarista Julie Bertuccelli ha fatto di quel lontano Paese la sua seconda patria. Ci trasporta infatti a Tbilisi, antica capitale immersa in un’atmosfera dolcemente provinciale, nella casa dove vivono tre rappresentanti di altrettante generazioni: nonna, mamma e nipote. Ovvero Eka (la novantenne polacca Esther Gorintin), Marina (la georgiana Nina Khomassouridze) e Ada (la russa Dinara Droukarova). La vecchia, che si sbilancia in sortite paradossalmente staliniste, è tutta presa dalla nostalgia del figlio Otar, emigrato a Parigi, e vive in attesa di ricevere posta. Marina ha incontrato difficoltà ad adattarsi alla nuova realtà; e Ada coltiva una segreta voglia di fuga. Purtroppo Otar (che non si vede mai) muore in un incidente sul lavoro e la giovane, non trovando né lei né la madre il coraggio di raccontarlo a Eka, comincia a scrivere delle false lettere a firma dello zio. La menzogna regge fino al giorno in cui la nonna, ansiosa di rivedere il figlio, vende la preziosa biblioteca di famiglia e acquista tre biglietti aerei per Parigi. A sorpresa lo scioglimento rovescia il gioco della bugia pietosa: sarà Eka a inventarne una per proteggere dal dolore le congiunte; e dopo l’intermezzo parigino, a Tbilisi torneranno solo in due. Sfiorata la tragedia, lo stupendo racconto si conclude con una schiarita di stoico ottimismo.

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Terra di mezzo – venerdì 04.05.2012 ore 20.30
sabato 21 Aprile 2012, 14:26
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Italia 1997 78′
di Matteo Garrone
con Paola Barbara, Sylvia Pascal, Ahmed Mahgoub, Euglen

httpv://www.youtube.com/watch?v=PBaetBFl2Bk

Tre episodi, ambientati nella cintura periferica di Roma, con immigrati (prostitute nigeriane, giovani albanesi in caccia di un lavoro qualsiasi, un egiziano che di notte si trasforma in benzinaio abusivo) che cercano di sopravvivere. 1° film di Garrone, nato, al pari di Libera di P. Corsicato, come cortometraggio (il 1° episodio, premiato al Sacher Festival di Roma) cui sono stati aggiunti gli altri due. Sono legati da una evidente coesione di un cinema dell’attesa e della sospensione, stilisticamente giocato a cavallo tra documentario e finzione, tra esterni e interni, tra luoghi pubblici e luoghi privati. “Terra di mezzo esiste in questi scarti (dentro/fuori, documento/finzione) che producono sbilanciamenti e caratterizzazioni. Storie stra/ordinarie” (G. Gariazzo). Una nuova via per un cinema del/sul sociale ancora tutta da percorrere di cui non si vedono i traguardi. 1° premio al Sulmona Cinema Festival.
Il Morandini

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Il matrimonio di Lorna – venerdì 20.04.2012 ore 20.30
sabato 07 Aprile 2012, 14:19
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Le silence de Lorna   Belgio/Gran Bretagna/Francia/Italia/Germania 2008   105′
di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
con Jérémie Renier, Arta Dobroshi, Fabrizio Rongione, Olivier Gourmet, Morgan Marinne

httpv://www.youtube.com/watch?v=JBKKsK3LARM

Lorna è una giovane immigrata albanese a Liegi. Per ottenere la cittadinanza si è messa nelle mani del malavitoso Fabio. Costui le ha procurato un matrimonio con Claudy (un tossicodipendente) e Lorna ha ottenuto ciò che desiderava. Ora vorrebbe poter aprire un bar con il suo fidanzato Sokol che fa il pendolare da una frontiera all’altra. Per ottenere la somma necessaria deve però portare a compimento il piano di Fabio. Deve cioè poter ottenere un rapido divorzio per poter così sposarsi nuovamente. Questa volta con un mafioso russo che ha, a sua volta, bisogno della cittadinanza belga. Le procedure rischiano però di essere troppo lente e allora Fabio mette in atto la soluzione che già aveva in mente: elimina Claudy con un’overdose. Lorna mantiene il silenzio ma c’è qualcosa di nuovo nella sua vita.
Qualcosa è cambiato anche nel cinema dei Dardenne. Noti agli appassionati (e vincitori di ben due Palme d’oro con Rosetta e L’enfant) per il rigore di un cinema da sempre attento a scavare nelle cause del dolore delle persone più vulnerabili, i due fratelli vantano caratteristiche stilistiche ben definite. La camera a mano, la scelta del super 16 mm, l’assenza di qualsiasi commento musicale hanno sempre costituito gli elementi identificativi del loro cinema unitariamente a uno stile teso a non aggiungere al film un’inquadratura in più del necessario.
In questa occasione la forma (camera molto meno mobile e scelta del formato 35 mm) sembra avere avuto il suo influsso anche sul contenuto. Lo sguardo che i due fratelli belgi proiettano sul grave problema dell’immigrazione, legalizzata attraverso percorsi illegali, si lascia andare con maggiore disponibilità a un’indagine sui sentimenti venata da un accenno di patetismo. Lorna ha un volto dolcissimo ma è entrata in un’arena in cui dominano i lupi. Se vuole realizzare i propri sogni non può e non deve affezionarsi in alcun modo a Claudy con il quale è costretta a convivere per rispondere ad eventuali controlli delle autorità belghe. Ma Lorna non è un lupo. È una giovane donna che finisce col provare una pietà che sconfina nell’amore per quel relitto umano che le chiede costantemente aiuto per uscire dal tunnel in cui si è infilato. La scoperta di questo sentimento precede di poco l’eliminazione fisica del ragazzo. Il quale muore ma continua a viverle ‘dentro’ al punto da farla sentire in attesa di una nuova vita.
Come sempre i Dardenne offrono nel finale ai loro protagonisti una luce (per quanto fioca) di speranza. È quanto accade anche a Lorna, protagonista dell’inizio di un nuovo corso del loro cinema.
Giancarlo Zappoli, mymovie

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Un giorno senza messicani – venerdì 06.04.2012 ore 20.30
sabato 24 Marzo 2012, 13:29
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A Day Without A Mexican   USA/Messico/Spagna   2004   100′
di Sergio Arau
con Caroline Aaron, Tony Abatemarco, Yareli Arizmendi, Todd Babcock, Melinda R. Allen

httpv://www.youtube.com/watch?v=P8t8DCSP020

California in un giorno qualunque. Ma non proprio qualunque. Perché, all’improvviso, una nebbia fitta avvolge i confini dello Stato e le comunicazioni con l’esterno si interrompono. Ma non è questa la cosa più importante perché, al contempo, scompaiono tutti i messicani. La moglie americana di un musicista non lo trova più e con lui il loro figlio maschio (la femmina è invece in casa e poi scopriremo perché). Il conduttore delle seguitissime previsioni meteo televisive non c’è più e una collega ne è visibilmente scossa. Insomma una parte fondamentale della popolazione californiana è scomparsa causando tracolli che vanno dalla sfera privata a quella socioeconomica.
Sergio Arau, figlio del più famoso Alfonso, colpisce al centro con questo divertente e intelligente film a tesi che si svolge in California ma potrebbe essere ambientato ovunque esista un’immigrazione rilevante.
Grazie a una nebbia carpenteriana che isola lo Stato Arau costruisce un film in cui la scomparsa dei messicani fa emergere tutte le contraddizioni di una società che ha ormai un bisogno ineludibile degli immigrati anche se poi, in alcune sue manifestazioni, li ritiene solo presenze dannose e parassitarie.
Lo stile adottato riporta alla memoria il caustico La seconda guerra civile americana di Joe Dante con una particolare attenzione alla ‘narrazione’ televisiva. Arau costruisce un saggio per immagini assolutamente godibile su come sia ormai il piccolo schermo a gestire l’immaginario collettivo indirizzandone l’attenzione e ri-costruendo gli accadimenti. Un gran numero di situazioni (così come le didascalie che vengono spesso sovrapposte alle immagini) spesso amaramente divertenti potrebbero essere trasferite, con le debite ma non sostanziali varianti, alle nostre latitudini. Il pregiudizio non ha confini.
Giancarlo Zappoli mymovie

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Once we were strangers – venerdì 23.03.2012 ore 20.30
sabato 10 Marzo 2012, 13:18
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Once We Were Strangers USA 1997 96′
di Emanuele Crialese
con Vincenzo Amato, Lynn Cohen, Anjalee Deshpande, Lou George, Alisha McKinney, Ajay Naidu, Susan Mitchell

httpv://www.youtube.com/watch?v=vU_NQ_tC3pg

Antonio e Apu vivono a New York inseguendo il sogno americano. La vita di Antonio è segnata dall’incontro con Ellen, una speaker radiofonica che per lavoro deve andare a Parigi. Apu invece deve fare i conti con l’arrivo di Devi, la sposa sconosciuta che i genitori hanno scelto per lui dall’infanzia. La New York del primo lungometraggio di Crialese ha le tonalità brumose del romanticismo sepolcrale. Una sospensione, una malinconia e una ricerca che non trova quiete accomunano i due protagonisti. Antonio è un cuoco che viene licenziato per essersi rifiutato di cucinare una carbonara con l’aglio e Apu, l’amico indiano, fa da cavia in un laboratorio. I tentativi di integrarsi nella logica americana diventano per entrambi grotteschi e spietati. La ricerca della propria identità per Antonio non avviene nel lavoro ma nell’incontro con Ellen, la ragazza che ha qualcosa di Leonardo. Ma questa Leda col cigno, una volta raggiunta, diviene fuggevole. Col tempo viene a manifestarsi una dissonanza con l’ambiente anche per Apu che invece ce la mette tutta per essere americano. L’arrivo di Devi, sradicata dall’India e trapiantata negli Usa, per giunta nell’oscurità di un sottoscala, segna lo spettro di tradizioni perdute e rinnegate.
Il film ricorda in molti passaggi Pane e cioccolata di Brusati, dove un giovane Manfredi da cameriere diventava spennatore di polli, costretto a vivere in un pollaio, in una Svizzera disumana, arrivando a sbiondirsi i capelli e a tifare Germania per essere rispettato e non sembrare italiano. Una scelta simile toccherà a Devi ma, fatta una permanente dal parrucchiere e occidentalizzata, renderà palese a se stessa e ad Apu il volto triste dell’omologazione e della perdita d’identità. Crialese apre uno squarcio su una particolare condizione umana, quella dello sradicamento, dentro il disagio e il conflitto tra l’affermazione personale e l’abiezione lavorativa.

La mestizia, il grido silente e il senso di una privazione indefinibile strappano la pellicola dalla consueta definizione di commedia, così come era accaduto per il film di Brusati del ’74.
Andreina Sirena, mymovie

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