Akumu tantei Giap. 2006 106’
di: Shinya Tsukamoto
con: Ryuhei Matsuda, Hitomi, Masanobu Ando, Shinya Tsukamoto
Keiko Kirishima è un’abile poliziotta appena trasferitasi nel reparto investigativo della polizia di Tokyo. Purtroppo il primo caso non è dei migliori: due casi di suicidio legati tra loro da un’ultima telefonata fatta dalle vittime allo stesso numero di telefono registrato con la lettera “O”. Keiko e il suo collega Wakamiya decidono di chiedere aiuto a un medium, e contattano così Kyolchi, conosciuto anche come “Nightmare detective” per la sua capacità di entrare nei sogni delle persone in procinto di morire. Quando anche Wakamiya muore in seguito alla telefonata fatta, per Keiko comincia un suo personalissimo incubo, che la porterà faccia a faccia con l’assassino… Troppo facile relegare il film di Tsukamoto tra i B-movie presenti nel panorama degli horror nipponici. “Akumu tantei” cerca di penetrare più a fondo nelle conoscenza dello spettatore indagando negli incubi dei suoi personaggi e in quelli della società moderna, troppo distratta nel traffico della vita di tutti i giorni per accorgersi dell’intima sofferenza del singolo individuo. Nella pellicola di Tsukamoto c’è la violenza, quella cruda e “pasticciata” vista in “Tetsuo”, ma anche la solitudine, del tutto metropolitana, di “Snake of June”, e in questi elementi tenta di trovare una via d’uscita, proprio come si cerca un’uscita da un incubo. Una di realizzata utilizzando una telecamera a mano e non una vera camera cinematografica, unita a una fotografia per lo più monocromatica, che alterna colori caldi e freddi con giusta misura semantica, nell’ambito della scena in cui si inserisce, rende il film un interessante esperimento onirico. Davvero efficace la colonna sonora: pregna di pezzi angoscianti dalle influenze punk-rock. Musica che aiuta non poco ad entrare nello spirito del film. Da ascoltare.
Diego Altobelli
Filed under: Iniziative
Il Comune di San Canzian d’Isonzo
in collaborazione con
PRO LOCO San Canzian d’Isonzo
Associazione Musicale ARCADIA
Circolo ARCI “E. Curiel” San Canzian d’Isonzo
presenta:
domenica 24 febbraio 2008 ore 17.00
sala maggiore centro civico “Primo Levi”
via Trieste 12 – San Canzian d’Isonzo
proiezione de “LA TRAVIATA”
di G. Verdi
ingresso libero
Abre los ojos Sp.-Fr.-It. 1997 117’
di: Alejandro Amenábar
con: Eduardo Noriega, Penélope Cruz, Chete Lera, Fele Martinez, Najwa Nimri, Gérard Barray
La vita spesso si svolge nel più completi automatismo come alzarsi, lavarsi la faccia, farsi la barba o truccarsi, guardarsi allo specchio e vedersi lievemente trasformati solo qualche ruga in più. L’immagine riflessa é più o meno sempre la stessa, un naso di varie misure due occhi dai diversi colori, una bocca sorridente o imbronciata a seconda della giornata che ci attende, ma ogni lineamento occupa la posizione standard. Di contorno pelle docile e morbida al tatto, tenue e liscia tanto da permettere alle dita di scorrervi sopra come due ruote su una strada appena asfaltata. Ma se un incidente avvenisse su quella strada? lmprovvisamente lo specchio rimanderebbe al destinatario sembianze trasformate: buche, balzelli, sobbalzi su quello che il viso fu, una liscia autostrada ora sfigurata. L’esistenza cambia, gli altri guardano solo per pochi istanti un volto dove gli occhi hanno perso di simmetria e la bocca si confonde con le guance. Si tratta di un film o di un incubo? Unici desideri: risvegliarsi o uscire da quella buia e orribile sala. Improvvisamente trasmigrare in una pellicola struggente, dove le lacrime sgorgano dai visi in maniera irregolare, dove la paura é quella di far paura e la pena e la commiserazione negli occhi del prossimo riportano senza pretese di emulazione a “The Elephant Man” di David Lynch. Nel film altre strane verità intervengono, sovrapponendosi continuamente e il dramma personale diventa una scusa per fuggire dalla realtà: lo spettatore come il protagonista non sanno più se quello che accade sia parte di un sogno o se sia una sorta di realtà virtuale comprata attraverso lnternet. Un’esistenza ricreata sul grande schermo della mente, oppure solo un incubo da cui ci si deve unicamente risvegliare? Nessuno lo sa ma senza dubbio il regista Alejandro Amenàbar, all’età di soli ventisei anni, è davvero abile a tenere lo spettartore teso e sbalordito utilizzando anche semplici e scontate soluzioni. non a caso la storia viene raccontata da un protagonista che ricorda a sprazzi ciò che è accaduto, inoltre è pieno di ansie e ha il terrore di essere l’oggetto di un complotto, come avviene in “The Game” di David Fincher. Oppure tutto quanto è solamente il parto di una fantasia distorta, stanca di una quotidianità gemella della routinaria abitudine (“Il tuo inferno te lo sei creato tu”)?.
Duel, Barbara Frigerio