Grazie per la cioccolata – venerdì 20 aprile 2018 ore 20.45
Merci pour le chocolat Francia 2000 100’
di: Claude Chabrol
con: Jacques Dutronc, Isabelle Huppert, Anna Mouglalis, Rodolphe Pauly
httpv://www.youtube.com/watch?v=m1FmYxa_fR4
André Polonski, famoso e celebrato piansista e Mika Muller, presidente dell’industria del cioccolato Muller si sposano per la seconda volta. Il concertista anni prima aveva sposato Lisbeth dalla quale aveva avuto un figlio Guillame e che era morta in seguito ad un incidente automobilistico. Jeanne che apprende per puro caso di essere stata scambiata al momento della nascita con un Guillame entra nella vita di André per scoprire la verità. Ogni tanto succede ancora il miracolo di vedere un film bello, impeccabile, inattaccabile. Questo onore è toccato all’ex enfant terrible della Nouvelle Vague Claude Chabrol, che mette sullo schermo le sue conoscenze cinefile (Lang, Hitcock e Renoir) con grande eleganza e senza un minimo di autocompiacimento. La suspense cresce minuto dopo minuto, la storia avvolge e intriga, gli attori sono straordinari, il divertimento è assicurato. E tutto senza bisogno di effetti speciali per allocchi e di star system esasperato: bastano pochi ambienti, suggestioni, atmosfere, sono sufficienti sguardi impercettibili. Un solo rimpianto: se Claude Chabrol nel 2000 non fosse stato in giuria a Venezia, il Leone d’oro non glielo avrebbe tolto nessuno.
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Un fiume chiamato Titas – venerdì 13 aprile 2018 ore 20.45
Titas Ekti Nodir Naam Bangladesh/India 1973 159’
di: Ritwik Ghatak
con: Kabori Sarwar, Rosy Samad, Rani Sarkar, Sha kul Islam, Prabir Mitra
httpv://www.youtube.com/watch?v=Ec6qOd966AM
Ambientato nel Bengala orientale, questo film in bianco e nero basato su un romanzo di Advaita Malo Barman, racconta la povertà e la perdita di un territorio per cause naturali ed economiche da parte di una comunità di pescatori: il fiume si interra e i proprietari più ricchi comprano appezzamenti sottoprezzo da chi si è impoverito e si riduce alla fame. La vita delle comunità fluviali e la cultura materiale (la pesca, il lavoro dei campi) sono resi con accuratezza naturalistica, ma senza perdere di vista il momento mitico, reso ad esempio dalla trasfigurazione di Rajar Jhi deceduta in una divinità agli occhi del figlio: la sua comparsa magica è data con la spontaneità dei dati di fatto più che con l’aura trasfigurante dei sogni, accettata com’è dai compaesani in quanto esistenza reale, non fittizia. La crudezza dei rapporti tra i benestanti e gli indigenti è rappresentata con rigore. Non c’è sentimentalismo nel delineare i rapporti interpersonali e anche familiari determinati in parte dagli affetti ma dettati al contempo dalla difficoltà delle condizioni economiche (come tollerare l’adozione di un orfano se non c’è da mangiare a sufficienza? Prevale il buon cuore o la realtà del sostentamento?). È un film notevole, di respiro sociale e antropologico ampio, che ci fa venire in mente, in Occidente, Man of Aran (di Robert J. Flaherty, 1934) e La Terra Trema (di Luchino Visconti, 1948).
Il mio migliore incubo – venerdì 6 aprile 2018 ore 20.45
Mon pire cauchemar Francia/Belgio 2011 99’
di: Anne Fontaine
con: Isabelle Huppert, Benoît Poelvoorde, André Dussollier, Virginie Efira, Corentin Devroey
httpv://www.youtube.com/watch?v=PvI_dZJ3f6E&t=5s
Agathe è precisa, metodica e puntale, e gestisce la propria famiglia e il figlio Adrien in maniera impeccabile, così come tiene salde le redini della fondazione d’arte di cui è a capo e i suoi impegni istituzionali. Patrick, invece, è sregolato, grezzo e sfacciato, vive con il figlio Tony nel retro di un furgone, si arrangia con piccoli lavoretti saltuari e tutto ciò che ama sono l’alcol e le belle donne formose. Due universi opposti che vengono in contatto grazie ai due figli, amici e compagni di scuola. Così quando il marito di Agathe decide per sua sfortuna di affidare a Patrick dei lavori nella casa in cui vivono, ogni aspetto della loro vita viene invaso dal caos.
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