Big Fish – 17.02.06
venerdì 17 Febbraio 2006, 18:52
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Big Fish   USA   2003   125’

di: Tim Burton
con: Ewan McGregor, Albert Finney, Billy Crudup, Jessica Lange, Marion Cotillard, Helena Bonham Carter, Steve Buscemi, Danny DeVito

Gran film, Big Fish di Tim Burton evoca nel titolo quel pesce colossale che è (o almeno era) un elemento fisso nelle vanterie e nelle balle dei pescatori: un simbolo di esagerazione, di invenzione. Ma allude pure all’impossibilità di essere “un pesce piccolo in una vasca piccola”, alla necessità di uscire in acque aperte nel vasto mondo. L’amato Tim Burton, 44 anni, compagno di Helena Bonham Carter e padre del loro figlio, autore di Edward mani di forbice, di due Batman, di Mars Attacks! e del Mistero di Sleepy Hollow, è sempre stato il più fantasioso e surreale tra i registi americani contemporanei, dotato di una capacità rara di fusione tra realtà e iperbole, tra ingenuità puerile e ironia adulta, tra umorismo e sentimentalismo: stavolta sembra un poco fuori controllo, sfiora in qualche momento il patetico o il melenso, ma il film resta ammirevole, mirabolante, divertente. (…)
Protagonista un padre sbruffone, fanfarone e mistificatore, narratore di storie incredibili, mitografo della propria vita; nell’infanzia il figlio lo adora, poi lo trova insopportabile (“Non ha mai detto una cosa vera”); per non doverlo più ascoltare se ne va a Parigi a fare il giornalista cronista della realtà e sposa una ragazza francese. Quando torna a vederlo in Alabama, lui stesso sta per diventare padre mentre il padre sta morendo. Assistendolo nell’agonia il figlio si rende conto di somigliare al padre, capisce che l’immaginazione ha consentito al vecchio avventure magnifiche e che i personaggi d’invenzione si sono trasformati in persone e amici veri, accetta d’essere lui adesso a raccontare storie incredibili. Allora: padre e figlio, realtà e irrealtà, la narrazione come arte esistenziale di generazione in generazione, la fantasia come respiro indispensabile a vivere, la morte come “la cosa più strana che mi sia capitata”. Molto bello. Interpreti perfetti: soprattutto Albert Finney e Ewan McGregor che recitano il personaggio del padre da vecchio e da giovane, ma anche la madre Jessica Lange, il figlio Billy Crudup, Danny De Vito, Steve Buscemi, Helena Bonham Carter strega e innamorata.

La Stampa (29/2/2004), Lietta Tornabuoni

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Le chiavi di casa – 03.02.06
venerdì 03 Febbraio 2006, 00:16
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Le chiavi di casa

Italia   2004   105’

di: Gianni Amelio
con: Kim Rossi Stuart, Andrea Rossi, Charlotte Rampling

Amelio lo ha tratto (liberamente) dalle pagine di Giuseppe Pontiggia; però il soggetto è intimamente suo: come Il ladro di bambini o Colpire al cuore, il film è focalizzato sul rapporto adulto-ragazzo in una situazione di particolare difficoltà. Già la presentazione di Paolo, grande bambino disabile abbandonato alla nascita, avviene attraverso gli occhi del padre, Gianni (l’omonimia col regista non sarà casuale), in una magistrale sequenza d’apertura: la macchina da presa mostra il letto vuoto del ragazzo, che lo spettatore non ha ancora visto, identificandosi con l’angoscia del genitore. Ineccepibile la scelta di ambientare gran parte della storia a Berlino, dove Gianni accompagna il figlio in un centro di riabilitazione che proprio all’adulto risulterà insopportabile: cornice dello spaesamento totale di un uomo in bilico tra paura e devozione, speranza e amore nascente per la “strana” creatura che ha generato. Se mai esista una (piccola) concessione alla produzione di effetti emotivi, potremmo trovarla nella scena in cui Paolo si smarrisce nella metropoli: inattesa la distrazione di un padre ansioso come Gianni. Nella seconda parte, però, il film “cresce” in modo ammirevole. Allorché l’uomo libera il ragazzo dalle torture dell’ospedale, che si prende cura soltanto del suo corpo, e parte con lui per la Norvegia, alla ricerca di una fantomatica Kristine di cui Paolo ha fatto conoscenza via Internet. Il fiorire del rapporto culmina in un gesto simbolico (l’adulto getta in mare la stampella con cui il ragazzo è obbligato a camminare), facendoci intendere che Gianni sta imparando a essere padre. Frattanto, il regista si avvale dall’irresistibile simpatia di Andrea Rossi per spargere lungo la strada piccole perle di humour affettuoso. Il meglio intenzionato dei film hollywoodiani si accontenterebbe di questo, mandando a casa lo spettatore edificato da un finale consolatorio. Non così Amelio. Come il personaggio della “mater dolorosa” interpretato da Charlotte Rampling aveva pronosticato a Gianni, per il padre pentito la vita accanto a Paolo sarà irta di difficoltà. Amelio lo dice con la scena in cui il ragazzino afferra il volante dell’auto in corsa: piena di misura e pudica come tutto il resto ma che, per un istante, mette paura.

la Repubblica (17/9/2004), Roberto Nepoti

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