Il gesto dello scatto venerdì 24 febbraio ore 20.45
venerdì 17 Febbraio 2023, 22:57
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LETIZIA BATTAGLIA
SHOOTING THE MAFIA
di Kim Longinotto
con Letizia Battaglia
Irlanda   2018   97′

letizia

Vita e carriera di Letizia Battaglia, fotografa palermitana e fotoreporter per il quotidiano L’Ora, raccontata con taglio intimo e privato, a partire dalla sua turbolenta giovinezza. Dal lavoro sulle strade per documentare i morti di mafia, all’impegno in politica con i Verdi e la Rete, Battaglia è stata una figura fondamentale nella Palermo tra gli anni Settanta e Novanta.
“Sono sempre stata una donna in lotta, senza saperlo”. Così dice di sé la siciliana Letizia Battaglia, 84 anni e la testa lucidissima, nel documentario rivelatorio che le dedica Kim Longinotto, regista dal curriculum militante, figlia di un fotografo italiano.
Realizzato montando interviste recenti con spezzoni di film, filmini amatoriali e foto realizzate da Battaglia nel corso della sua lunghissima carriera, Longinotto innesca il racconto portando subito lo spettatore al cuore della donna che domina lo schermo – fisico possente, caschetto tra il rosso e il rosa, sguardo vivace – dipingendo il ritratto esplosivo, in pieno post #metoo, di una gigantessa dell’emancipazione femminile.
Sposata prestissimo, a 16 anni, Battaglia tradisce e lascia il marito, dal quale rischia di farsi sparare addosso (“La sua storia la sapeva tutta Palermo”), e approda alla fotografia solo dopo aver compiuto quarant’anni. Sono gli anni Settanta, quelli della Palermo in cui “capitavano anche cinque omicidi al giorno”, e lei riesce a farsi assumere, prima donna in Italia, come fotoreporter al giornale L’Ora. Le sue foto, rigorosamente in bianco e nero, ritraggono i morti della mafia ma anche i mafiosi in pieno volto, spesso umiliati dai suoi scatti negli attimi successivi all’arresto.
Quel che interessa a Longinotto – ben consapevole della fascinazione che ancora oggi i padrini corleonesi esercitano all’estero – è l’approccio di Battaglia ai suoi soggetti. Il fatto, cioè, che vedesse (e ritraesse) la mafia per quel che era: “gente sciatta e vestita male”, lontana dall’epica moderna del gangster-chic, di cui era inevitabile avere paura. “La mafia a Palermo è ovunque – avverte apocalittico un giornalista inglese in una delle corrispondenze montate all’interno del film – anche al cimitero”.
Il documentario procede ordinatamente, sul piano della cronaca, con l’arco tragico dei massacri di mafia (Falcone e Borsellino), ma il cuore del racconto resta su Battaglia: una donna che ha scelto il lavoro come liberazione, la libertà sessuale come emancipazione, e che nelle fotografie trova qualcosa di più di una semplice realizzazione personale. Fotografare è per Battaglia partecipare: è condividere, ma nel senso più solidale e meno narcisistico del termine. Lasciata la fotografia per la politica, “esperienza umiliante”, Battaglia lascia anche il suo compagno. “Sono rimasta per vent’anni da sola”, dice oggi, per nulla turbata, presentando alla camera di Longinotto il suo nuovo partner di 38 anni più giovane. Una storia d’amore, di ferocia e tenerezza che meritava, davvero, di essere raccontata.
Ilaria Ravarino, MyMovies

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Ruben Östlund, l’estetica della vulnerabilità umana VENERDI’ 17 FEBBRAIO 2023 ore 20.45
mercoledì 15 Febbraio 2023, 11:23
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PLAY
di Ruben Östlund
con Anas Abdirahman, Sebastian Blyckert, Yannick Diakité, Sebastian Hegmar, Abdiaziz Hilowle, Nana Manu, John Ortiz, Kevin Vaz
Svezia/Francia/Danimarca 2011 118′

play

Partendo da un fatto di cronaca molto discusso, Östlund racconta l’odissea di un gruppo di ragazzi che vengono inseguiti, molestati e infine derubati da un gruppo di altri quattro ragazzi neri, che imbastiscono una contorta messa in scena in cui le vittime sono anche gli attori principali. Un soggetto come questo avrebbe potuto essere un potenziale combustibile per alimentare l’odio razziale, ma per Östlund è lo spunto per costruire una riflessione sull’abuso di potere e sul perbenismo della società occidentale. La descrizione delle conseguenze dei processi migratori contemporanei è infatti marginale, perché per il regista tutti i personaggi sono ugualmente svedesi, ponendosi agli antipodi rispetto a una tendenza, sebbene spesso buona negli intenti, di raccontare una minoranza o una categoria protetta in modo edulcorato, annullando le sfumature negative, proponendo una rappresentazione del reale è completamente distaccata dal mondo.
Play rifugge anche da tutti gli stereotipi registici che hanno caratterizzato una certa tipologia di lungometraggi basati sulla rappresentazione di comunità disagiate e marginali: primi piani e camera a mano vengono eliminate in favore di un approccio documentaristico, caratterizzato da inquadrature ampie e movimenti di macchina impercettibili. Queste scelte stilistiche permettono di mantenere un certo distacco dai personaggi, disinibendo completamente l’immedesimazione emotiva dello spettatore. In questo senso, risulta esemplificativa la prima sequenza: interamente ambientata in un centro commerciale, è costituita da una serie di inquadrature che emulano l’estetica e la composizione di quelle registrate da un sistema di sorveglianza a circuito chiuso, introducendo quel voyeurimo che si manterrà per tutta la durata del film, come se spiassimo dei frammenti di vita quotidiana da un punto nascosto. Questo punto di vista viene amplificato attraverso l’uso degli zoom, esclusivamente ottenuti fase in montaggio, che conferiscono un tono distaccato, quasi artificiale, alle riprese.

In Play questo approccio viene attualizzato, riflettendo sugli stereotipi oggi radicati anche nella fasce più giovani della popolazione. Per un paradossale ribaltamento, i piccoli criminali recitano semplicemente il ruolo negativo che gli è stato affibbiato da una società caratterizzata da un clima di terrore verso il diverso, ma questo non significa minimizzare le loro azioni violente. L’intento di Östlund è quello di sottolineare come gli schieramenti politici in gioco non sembrino avere alcun interesse nel risolvere il problema delle discriminazioni razziali e delle disuguaglianze sociali, impedendo di fatto l’avanzamento del processo di integrazione.
Questo concetto trova rappresentazione metaforica nella serie di scene in cui una culla viene abbandonata su un treno e nessuno se ne vuole farne carico. Ecco che emerge il nocciolo della questione: la mancanza di una risposta a un grave problema sociale genera violenza, che non è propria solo della banda ma è parte integrante di ogni persona, inclusi gli adulti che entrano in scena ultime scene del film. Tutti i personaggi, nessuno escluso, sono infatti caratterizzati dalla stessa volontà di imporsi sull’altro, di schiacciare l’elemento più debole del contesto. Quella mostrata da Östlund è una società unita nella prevaricazione del prossimo, una tendenza sotterranea ma presente in ogni individuo, un bias che agisce anche in coloro che si riparano dietro ideali universalmente accettati.
Davide Rui, 1977 Magazine

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Tonino De Bernardi venerdì 10 febbraio 2023 ore 20.45
lunedì 06 Febbraio 2023, 11:40
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UNIVERSI CIRCOSCRITTI 2
di Tonino De Bernardi
con Giulietta Debernardi, Caterina, Tommaso, Teresa Momo, Franco, Ornella, Adelina, Chiapino, Hélène Frappat, Nathan e Francesco Cappennani, Hermine Letonde Gbedo, Rosanna Paradiso, Veronica Debernardi, Joana Preiss, Laura Flores
Italia 2022 125′

“Lucio aiutami a diffondere questo UNIVERSI CIRCOSCRITTI 2, qui al Torino Film Festival, Fedeli alla linea (nel 1983 in super 8 UNIVERSI CIRCOSCRITTI). Autoprodotto, come la maggior parte dei miei film, con la Lontane Province Film. Dentro c’è il Natale, pure la Valle d’Aosta innevata e lì il teatro della nostra Giulietta e a Paris Joana Preiss mia attrice e io al Pompidou ma anche l’altra figlia Veronica (come Veronica Lake) sulle colline del Piemonte e Trieste e mio super8 DONNE, 1980… e molte altre sorprese, con una gran voglia di scoprire i mondi. Diffondi, diffondi!!, grazie… ”
Ricevo da Tonino, e diffondo…

OFF_Universi-Circoscritti-2

Quando respira, quando sente sulla pelle l’aria rigenerante del Monte Bianco, affacciandosi dal balcone della casa del Villair, quando pedala per il centro di Torino con la sua bici su cui per tanti anni ha messo il seggiolino per i nipoti, quando filma il mondo, il suo mondo, con la super8 o con la videocamera, Tonino De Bernardi cerca sempre di restituire la meraviglia e la profondità della vita.
Una vocazione autentica, un dovere, fare cinema equivale a scrivere poesie. Per il cineasta torinese, celebrato dal Centre Pompidou, definito «uno dei massimi, ostinati, illuminanti sperimentatori italiani», il cinema è il racconto del vissuto, reale ed inconscio, il suo cinema è amore. «Amo i sogni, sono le icone della mia mente. Compaiono sul fondo oro dei desideri e mi guardano» ha detto De Bernardi in una conversazione con Antonio Gnoli.
Quei sogni si possono vedere questa sera sul grande schermo, con il nuovo lungometraggio di questo autore umile e sublime del cinema underground, regista classe 1937 che fu notevolmente influenzato ai tempi dell’università dagli insegnamenti del musicologo e pianista Massimo Mila, con il quale diede la tesi su Stravinsky, un lavoro di 700 pagine.
Della sua ampia produzione, citiamo qui i due titoli con cui è andato alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia, Appassionate (1999) e Médée miracle (2007). La nuova opera di Tonino si intitola Universi circoscritti 2 …
E’ in viaggio nella geografia e nel tempo della sua vita, tra campagna e città, tra Casalborgone dove ha anche insegnato come maestro, a Torino, la sua piccola Parigi, nei rapporti umani, nell’affetto per figlie, nipoti, amiche, amici. Si viaggia fino a Parigi appunto, e poi a Trieste e in Valle d’Aosta. «Si rincorre il Natale, il fare teatro e far cinema, con festa di compleanno» dice De Bernardi. «Questo ultimo lavoro l’ho fatto da solo produttivamente con la Lontane Province Film e l’ho montato con Alberto Momo. E’ un film che amo molto e che mi rappresenta totalmente, tra qui e là».
Il regista, originario di Chivasso, sta vivendo un momento molto intenso per il suo cinema. E’ al lavoro su un altro progetto, un film dedicato a due amici scomparsi, Antonio Tarantino e Paolo Gobetti, per cui è già stata realizzata la prima fase dello sviluppo con la Film Commission Torino Piemonte. Inoltre va avanti la preparazione di Primo piano-Gros plan, una coproduzione internazionale, secondo film con la star del cinema francese Isabelle Huppert, che si girerà da metà marzo in Francia e in Italia, naturalmente nel suo Piemonte.
Dulcis in fundo l’anno che verrà porta un prezioso omaggio al cinema di De Bernardi e dunque anche alla sua famiglia, che è parte integrante del suo cinema, le figlie (Giulietta è anche attrice), i nipoti, il genero Alberto Momo che recita nei suoi film e che lo assiste nella regia e nel montaggio, più o meno ci sono quasi tutti nei suoi lavori degli ultimi dieci anni… Veronica, Giulietta, Teresa, Caterina, Tommaso… Il Museo del Cinema gli dedicherà una mostra alla Mole Antonelliana e una retrospettiva al Cinema Massimo verso la fine del 2023. «Intanto giro ogni giorno con la mia camera I giorni numerati – confida De Bernardi – a partire dall’ultima settimana di gennaio quando il Pompidou mi ha riservato una retrospettiva».
Guido Andruetto, La Repubblica

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Il gesto dello scatto VENERDI’ 27 GENNAIO 2023 ore 20.45
martedì 24 Gennaio 2023, 22:38
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IL SALE DELLA TERRA
The Salt of the Earth
di Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado
Brasile/Italia/Francia 2014 100′

sale

Oggi quelli che furono gli esponenti migliori del Nuovo Cinema Tedesco, Werner Herzog e Wim Wenders, si appassionano ai documentari. Come II sale della Terra, dedicato all’opera del fotografo brasiliano Sebastião Salgado, artista e testimone del nostro tempo. E in fondo è curioso che Wenders, dopo il magnifico Pina, dove sperimentava le potenzialità del 3D, scelga ora le immagini piatte, ma dal fortissimo impatto, delle foto di Salgado. In collaborazione col figlio del quale, Juliano, il regista tedesco unisce bianco e nero e colore, immagini fisse e riprese dal vero per raccontare la biografia di Salgado e il mondo visto attraverso i suoi occhi.
Roberto Nepoti, La Repubblica

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John Schlesinger, un regista “da marciapiede” venerdì 20 gennaio ore 20.45
martedì 17 Gennaio 2023, 11:48
Filed under: Arci,cinemapiù 39,Video

BILLY IL BUGIARDO
Billy Liar
di John Schlesinger
con Julie Christie, Tom Courtenay, Finlay Currie, Mona Washbourne, Marie Bell
Gran Bretagna   1963   98′

Billy-il-Bugiardo

Billy il bugiardo, basato su un romanzo di Keith Waterhouse, appartiene al filone della British New Wave in voga nell’Inghilterra degli anni sessanta, influenzato dalla Nouvelle Vague francese. Lo stile e le caratteristiche erano basati sul cinema documentaristico, con molte riprese in esterni e dialoghi meno teatrali e più aderenti al parlato reale, tra cui per la prima volta sullo schermo alcune parole sconce.
Billy, impiegato nell’agenzia di pompe funebri del sig. Shadrack, si inventa un mondo immaginario, Ambrosia, dove è re, generale o eroe, per uscire dalla squallida monotonia quotidiana. Si barcamena a mantenere un difficile ménage con due fidanzate, inventando storie e mentendo. Un giorno Billy conosce e si innamora di una terza ragazza, Liz, e questo potrebbe essere il punto di svolta nella sua vita.

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Ruben Östlund, l’estetica della vulnerabilità umana VENERDI’ 13 GENNAIO 2023 ore 20.45
domenica 08 Gennaio 2023, 18:52
Filed under: Cinemapiù 24,cinemapiù 39,Video

INVOLUNTARY
De ofrivilliga
di Ruben Östlund
con Villmar Björkman, Linnea Cart-Lamy, Leif Edlund, Sara Eriksson, Lola Ewerlund
Svezia/Francia   2008   98′

involuntary

Non è un documentario. Gli attori che recitano ci sono. Non è neppure una commedia. Perché troppo simile alla realtà. Eppure solitamente il cinema è lo specchio della realtà. Una contraddizione? No, quello che Ostlünd intende fare con Involuntary è una sorta di esperimento socio-antropologico. Come se nascondesse la telecamera per spiare uomini e donne che recitano la realtà, senza montaggio, senza tagli. Gli attori, liberi dalle costrizioni imposte dagli obblighi della finzione, reagiscono agli stimoli come se si trovassero realmente nelle situazioni presentate.
Ostlünd regala loro tutto il tempo che ritengono necessario per sviluppare l’azione, per costruire un rapporto credibile tra loro. Perché è proprio questo che sta a cuore al regista: raccontare come cambia il comportamento di un individuo inserito in un gruppo. E come spesso le dinamiche collettive finiscono per modificare e talvolta anche annullare scelte e valori personali. La società descritta è quella svedese ma il quadro che ne emerge potrebbe essere trasferito in ogni altro contesto. Perché le situazioni analizzate da Ostlünd sembrerebbero essere valide ovunque e sempre.
Il titolo stesso indica che, all’interno di un gruppo, la personalità dell’individuo muta in modo involontario e quasi inevitabile. Tante le circostanze possibili. Ana, poco più di una bambina, ma in compagnia delle amichette si trasforma in una lolita che posa maliziosa e ammiccante davanti alla webcam, beve alcol e stuzzica uomini incontrati sull’autobus. O per un uomo che adegua il suo comportamento alla situazione, la sua festa di compleanno, a casa sua. Fa l’eroe e si avvicina a un petardo imploso, si ferisce, sopporta senza chiamare i soccorsi pur di non rovinare la serata agli amici. O ancora per un gruppo di ragazzotti perditempo. Si trovano a scherzare oltremisura con uno dei loro. É divertente, ma c’è un limite e se ne accorgono troppo tardi.
L’unico montaggio presente nel film è nell’interruzione brusca di ogni situazione proprio nel momento in cui sta per compiersi una svolta. Più storie alternate e interrotte a intrecciarsi tra loro come in un unico puzzle dove il disegno è diverso ma il bordo si incastra perfettamente con il bordo degli altri pezzi. Come se il meccanismo in queste situazioni fosse sempre lo stesso e fosse Involuntary, involontario.
M.Beatrice Moia

Commenti disabilitati su Ruben Östlund, l’estetica della vulnerabilità umana VENERDI’ 13 GENNAIO 2023 ore 20.45



arci