CINEMA BRASILIANO venerdì 18 novembre ore 20.45 BACURAU
martedì 15 Novembre 2022, 14:48
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BACURAU
di Juliano Dornelles, Kleber Mendonça Filho
con Udo Kier, Sonia Braga, Chris Doubek, Jonny Mars, Alli Willow, Karine Teles.
Brasile 2019 92′

Bacurau

Una vicenda che accadrà tra pochi anni…Bacurau è un piccolo villaggio situato nel nordest del Brasile nello stato di Pernambuco. Vi si piange la morte della novantaquattrenne matriarca Carmelita. Qualche giorno dopo gli abitanti scoprono che il villaggio è scomparso dalle carte geografiche e che un misterioso gruppo di ‘turisti’ americani è arrivato nella zona.
Kleber Mendoça Filho, dopo l’interessante Aquarius, in cui ci aveva ricordato quale grande attrice fosse Sonia Braga, torna ad avvalersi di una sua performance in un film che però assume una dimensione collettiva che ne costituisce la spina dorsale.
Ha al suo fianco Juliano Dornelles che in Aquarius aveva il ruolo di scenografo e che qui lo affianca in un’operazione tanto complessa quanto carica di senso nel Brasile odierno. Complessa a partire dal titolo. Il bacurau infatti è un uccello notturno molto abile nel mimetizzarsi ma, in una dizione locale, ha anche il significato di ultima corsa di un mezzo di trasporto pubblico.
Bacurau è così: è un villaggio che non ci tiene ad apparire, che addirittura scompare dalle mappe, ma che c’è e sa, all’occorrenza, rivendicare la propria identità. La complessità è poi insita anche in una scelta narrativa che mescola generi diversi come il western, lo slasher, un tocco di fantascienza nonché di cangaco (genere tipico del nordest brasiliano prevalentemente degli anni ’50 e ’60 che aveva al centro atti di banditismo). Il punto di vista è quello dell’area più povera del Brasile ma il senso dell’operazione si allarga a tutte quelle realtà che subiscono la sopraffazione di coloro che pensano di poter ‘giocare’ con le vite altrui.
Giancarlo Zappoli, Mymovies

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John Schlesinger, un “regista da marciapiede” VENERDI’ 11 NOVEMBRE 2022 ore 20.45 IL MARATONETA
mercoledì 09 Novembre 2022, 15:39
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IL MARATONETA
con: Dustin Hoffman, Laurence Olivier, Roy Scheider, Marthe Keller, William Devane
USA 1976 125′
di: John Schlesinger

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New York. Giovante studente di storia che sta scrivendo una tesi sul Maccartismo, Thomas (Dustin Hoffman) si ritrova coinvolto suo malgrado in un intrigo internazionale: suo fratello Henry (Roy Scheider) è infatti un agente segreto che fa da corriere per Szell (Laurence Olivier), ex criminale nazista. Quando Henry si scontrerà con Szell, anche Thomas finirà nel mirino del gruppo di agenti che fanno capo all’ex gerarca tedesco.
Tratto dal romanzo omonimo di William Goldman (autore anche della sceneggiatura), Il maratoneta è uno dei più originali thriller spionistici degli anni ’70. Il formato classico del genere viene stravolto, in pieno stile New Hollywood, da lunghissime sequenze che mettono a fuoco la vita e l’umanità di New York – vista poche volte al cinema in chiave così cupa e terrorizzante – e da una struttura a puzzle che scompone la storia in numerosi subplot: si pensi, per esempio, all’infinita scena iniziale, con il montaggio alternato di una lite tra un ebreo e un tedesco in mezzo al traffico. Eccellente il lavoro sui personaggi, tutti ambigui, sfumati e densi di sfaccettature. Nonostante le numerose licenze “autoriali”, la trama si snoda con potenza, carica di tensione e di ritmo, raggiungendo vette quasi horror nelle scena cult della tortura sulla sedia del dentista. In sottofondo, scorre una rappresentazione degli orrori della Storia (dalla caccia alle streghe di McCarthy al Nazismo) che si ripercuotono, ineluttabilmente, anche sulle nuove generazioni. Ennesima grande prova d’attore di Dustin Hoffman, qui nel periodo d’oro della sua carriera. Fotografia di Conrad L. Hall. Nomination all’Oscar per Laurence Olivier.
Longtake

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La poesia dell’universo: Franco Piavoli VENERDI’ 4 NOVEMBRE 2022 ore 20.45
lunedì 24 Ottobre 2022, 14:37
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IL PIANETA AZZURRO
Italia 1982 90’
di: Franco Piavoli

Il_pianeta_azzurro

In Val Bruna l’uomo e la natura convivono ancora in maniera tutto sommato armonica. La vita si risveglia dai rivi e dai boschi, gli insetti e i piccoli animali vedono un nuovo giorno sorgere, l’uomo compare impegnato a coltivare una terra che dà frutti sani e abbondanti. Il sole compie il suo giro e lascia spazio alla notte, così come la primavera e l’estate cedono il passo all’autunno, con il riposo dell’ambiente e degli strumenti dei contadini e la nebbia che risale le valli. Fu Silvano Agosti a regalare a Franco Piavoli la cinepresa e la pellicola per girare Il pianeta azzurro, il suo primo lungometraggio. Per due anni il regista, con pochi collaboratori, ha ripreso il ciclo delle stagioni, l’eterna meraviglia della rinascita e del consumarsi della vita, indagando le consonanze e i riconoscimenti tra il mondo naturale e la vita umana, fatti entrambi di amori, nascita, morte, rigenerazione, dolore. Film di luminosa contemplazione, documentario che costruisce la sua narrazione sulla naturale giustapposizione delle immagini: Piavoli posa il suo sguardo delicato e partecipe sui più arcaici e immutabili fenomeni, stringe sul microscopico e allarga il campo alla distesa varia e infinita del paesaggio. Un film poetico e prezioso. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia; Nastro d’argento a Piavoli come miglior regista esordiente.
Longtake

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Omaggio a Jean-Luc Godard VENERDI’ 21 OTTOBRE 2022 ore 20.45
lunedì 24 Ottobre 2022, 14:20
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QUESTA E’ LA MIA VITA
Vivre sa vie
Francia 1962 85’
di: Jean-Luc Godard
con: Anna Karina Saddy Rebbot André Labarthe Guylaine Schlumberger Brice Parain Peter Kassowitz

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Film in dodici quadri “pensato, dialogato, girato, montato, in breve: diretto da J-L Godard”, Questa è la mia vita (pedestre titolo italiano che spezza la rotonda ambiguità di Vivre sa vie) è una bruciante riflessione sulla natura e sui limiti della rappresentazione cinematografica. L’autentico protagonista del film non è Nanà (un’Anna Karina in stato di beatitudine) né, più ampiamente, il fenomeno della prostituzione nella Parigi dei primissimi anni Sessanta, ma il linguaggio: il linguaggio come strumento e calco del pensiero, il linguaggio come sistema di rappresentazione, il linguaggio come luogo di ricerca e sperimentazione. Godard mette in scena la vicenda di Nanà – giovane impiegata che finirà per prostituirsi ed essere accoppata durante uno scontro a fuoco tra macro – impiegando una serie impressionante di soluzioni espressive: inquadrature fisse impassibili, rapide panoramiche orizzontali, carrellate laterali e semicircolari, lunghissimi piani sequenza, camera car “perlustrativi”, jump-cut a raffica, riprese documentaristiche, soggettive “danzanti”, interpellazioni e oggettive irreali. Insomma, non c’è figura del linguaggio cinematografico che non faccia la sua comparsa nel film. Godard, è lampante, sta cercando di rispondere a una domanda cruciale: qual è il modo giusto per rappresentare la vita? Come si fa riformulare cinematograficamente la realtà senza tradirla? Ogni scelta è a rischio di errore e menzogna, ovviamente, e il filosofo Brice Parain ricorda a Nanà (e allo spettatore) che nel linguaggio menzogna ed errore sono pressoché inscindibili e indiscernibili. Evidentemente a Godard preme moltissimo trovare le parole cinematografiche “giuste”, quelle che riescano ad esprimere esattamente ciò che vogliono significare, senza ferire, senza straziare. Ma l’esattezza linguistica presuppone una pratica costante, un esercizio continuo, una ricerca instancabile: consapevole della fallibilità della sua sperimentazione, in Vivre sa vie Godard esplora problematicamente tutte (o quasi) le soluzioni espressive che il linguaggio cinematografico gli mette a disposizione. C’è un che di struggente, di commovente in questa sperimentazione, come se accanto alla coscienza positiva della ricerca fosse sempre viva e palpabile una contrastante tensione negativa, come se la fiducia dell’impresa fosse accompagnata da un sotterraneo brivido di sfiducia: la moltiplicazione delle opzioni linguistiche non rischia forse di disintegrare l’unità dell’idea di partenza? La proliferazione delle soluzioni espressive non condanna forse alla parzialità, alla relatività dei punti di vista? La soluzione inevitabilmente provvisoria e incompleta offerta da Godard è uno splendido film in dodici quadri che aspira all’assolutezza della rappresentazione (l’espressione assolutamente adeguata alla vita stessa), enunciandone e denunciandone paradossalmente l’impossibilità: “Volevo dire questa frase con un’idea precisa e non sapevo quale fosse la maniera migliore di esprimere quest’idea. O meglio, lo sapevo ma adesso non lo so più, mentre, appunto, dovrei saperlo”. Parola di Nanà.
Mymovies.it, Alessandro Baratti

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