The limits of control – venerdì 12 febbraio 2016 ore 20.45
venerdì 29 Gennaio 2016, 22:27
Filed under: Cinemapiù 33,Video

USA   2009   116’
di: Jim Jarmusch
con: Hèctor Colomè, John Hurt, Paz de la Huerta, Marìa Isasi, Tilda Swinton, Bill Murray

httpv://www.youtube.com/watch?v=uKB7V86grMg

Un killer americano segue una serie di indizi improbabili per effettuare una misteriosa missione criminale. The Limits ha una struttura ridondante ben chiara: una serie di incontri bizzarri, delle anomalie (de Bankolè che prende due espressi in tazze separate in ogni bar), delle ricorrenze apparentemente marginali che poi convergono gradualmente (i fiammiferi, l’elicottero) e delle strizzate d’occhio (al killer di Ghost Dog, al treno o all’ossessione per il tabacco di Dead Man). Tra le apparizioni esplicitamente grottesche ci sono gli autoironici Tilda Swilton, John Hurt e Bill Murray. In una costruzione lenta e ripetitiva a restare nella mente sono soprattutto il montaggio di Jay Rabinowitz e la fotografia di una Spagna assolata di Cristopher Doyle. Ma lo spettatore che si lascia semplicemente trasportare dalle sensazioni è tutt’altro che superficiale: Jarmush ci fa viaggiare sui margini del controllo per riportarci al punto iniziale, le sensazioni appunto. Ma il controllo è anche quello di de Bankolè che mette in prospettiva il mondo cercando in ogni stranezza un indizio della sua missione, fino a rendersi conto che il suo viaggio non è che un punto di vista e che gli indizi si disperdono in assenza di un piano prestabilito. A esser messo in discussione è proprio il suo meticoloso sguardo: il voler cercare i segni di una strada già tracciata, di fronte a quelle che in realtà sono pure pulsioni: come la costantemente svestita Paz de la Huerta, le divagazioni filosofiche o cinematografiche dei personaggi e la musica andalusa. In quanto schematico ruolo di genere, puro riempimento di un posto in una struttura, de Bankolè viene persino riconosciuto dai bambini che in un villaggio gli domandano se è un “gangster americano”. Come interpretare allora il fatto che Jarmush usi una struttura narrativa talmente “controllata”? Perchè il film è sui limiti del controllo, limiti che non possono che esser messi in dubbio proprio dalla prospettiva. Dallo sguardo sul cinema dunque, dallo spettatore che osserva e che ne costruisce i margini. De Bankolè, silenzioso, inerte e riflessivo è allora un delegato dello spettatore stesso, con le sue aspettative e i suoi schemi concettuali. Uno spettatore che cerca indizi e sequenze narrative anche laddove non c’è niente da cercare, dove non c’è nessun significato. Ma solo della musica, della luce, dei colori e delle immagini.
Matteo Treleani

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