Luna Papa – 08.05.2009 ore 20.30
venerdì 01 Maggio 2009, 00:30
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Luna Papa   Germania-Russia   106′
di Bakhtiyar Khudojnazarov
con Moritz Bleibtreu, Chulpan Khamatova, Ato Mukhamedshanov
Ci sono film che soffrono il peso di eredità più grandi di loro, e altri che riescono a sbarazzarsi di sospette parentele in modo quasi irritante. E’ possibile che un’idiozia come The Blair Witch Project possa impunemente citare, perfino nei dialoghi, Deliverance (Un Tranquillo Week-end Di Paura) – del quale sembra la copia realizzata da un videoamatore avvezzo ai filmini di matrimonio – senza che nessun critico insorga, mentre Luna Papa debba essere continuamente liquidato come “kusturiciano”? Per rispondere alle domande banali è meglio partire da vicinissimo o da lontano, come insegna Kurt Vonnegut. Nel nostro caso, meglio iniziare dallo strato più esterno della cipolla. Abbiate pazienza. Verso metà recensione, smetteremo di parlare di critica e inizieremo a parlare di cinema. Meglio tardi che mai, se siete fan di “Ciak”.

 httpv://www.youtube.com/watch?v=E2o4rvVUD_o

Provate voi ad imitare Mike Tyson.
E’ un demerito che Luna Papa di Bakhtiar Khudujnazarov ricordi gli ultimi film di Kusturica, e specialmente Gatto Nero, Gatto Bianco (se avete tempo, cliccate questo link, che la recensione è mia e non è affatto male)? A parte il fatto che bisognerebbe dare medaglie d’onore a certi atti di incoscienza (“Ho appena iniziato a scrivere un romanzo. E’ una rilettura moderna di Alla ricerca del tempo perduto”), bollare Luna Papa come semplicemente kusturiciano significa dimenticarsi un bel po’ di cose. Intanto, che lo stesso Kusturica ha ampi debiti verso, citando a casaccio, Magritte e Fellini, l’arte popolare e la musica punk, Jean Vigo e il realismo magico, Ivo Andric e Garcia Marquez, Abdhullah Sidran ed il circo, Alejandro Jodorowski e tutti i sogni che vi passano per la testa ogni notte, anche se non ve li ricordate. In secondo luogo, c’è molto altro in Luna Papa, anche a livello cinematografico: ci sono, solo per iniziare, Sergej Paradjanov e molto cinema sovietico, ad esempio. Insomma: non è falso che Luna Papa sia un film pieno di cose, ricordi, citazioni – anche di Kusturica. Ma provate voi ad imitare Mike Tyson, o Jimi Hendrix.

Segreti e bugie
Resta invece, e siamo al secondo strato della cipolla, qualcosa di più meschino da analizzare. Si tratta del modo in cui quel grande e geniale figlio di buona donna di Kusturica (e lo dico con tutto l’amore che può avere per lui uno che gli ha dedicato quasi cinquecento pagine di tesi di laurea, analizzando allo spasimo ogni movimento di macchina di ogni sua sequenza) ha fregato Luna Papa. Dopo aver buttato fuori dal concorso di Venezia, da concorrente, La Polveriera di Goran Paskalijevic, ha reagito all’offerta di essere presidente della giuria di Venezia 1999 bofonchiando: “Ne sono molto lieto, visto che sarà in concorso un film che amo molto, Luna Papa del mio amico Bakhtiar Khudujnazarov”. Imbarazzante incidente diplomatico che ha costretto i selezionatori a esiliare Luna Papa in una sezione parallela del Festival e a fargli perdere la possibilità di aspirare ad un Leone d’Oro che i soliti ben informati davano come più che probabile. Ma vedendo Luna Papa appare evidente un altro motivo, oltre alla somiglianza con alcuni suoi film, che può aver stimolato in Kusturica amore tanto sospetto e dagli esiti tanto disastrosi. Luna Papa è prodotto da Karl Baumgartner della Pandora. Lo stesso che ha prodotto Underground e Gatto Nero, Gatto Bianco. Me lo vedo Kusturica che dà un morso al sigaro, sputa e s’incazza. Chiedetelo al suo musicista, Goran Bregovic, quanto è geloso di certe cose. Specialmente se mentre lui si prostituisce in faccende come la pubblicità dei quaranta ladroni (anche qui, me lo immagino che pensa “Che sarà mai, anche Fellini ha fatto la pubblicità…” contando i bigliettoni), la Pandora trova uno che non è affatto male nel fare le stesse cose che fa lui. Tenendo conto che fino a qualche tempo fa Emir era solito girare con una pistola sotto la giacca di pelle, forse a Bakhtiar gli è andata bene. Come si dice, se hai uno come Kusturica come amico, non ti servono nemici.

Del far cadere animali dal cielo
Ok. Ce l’avete quasi fatta a passare gli strati della maledicenza e del pettegolezzo. Siamo quasi pronti per parlare di cinema. Cercate di far arrivare ossigeno al cervello. Ce ne vuole molto per guardare Luna Papa. Ci vuole fiato e resistenza. Perché il film è pieno di cose, di idee di regia e di scrittura, proprio come un film di Kusturica (lo ammetto, questo l’ho scritto apposta per provocarvi). Ma è anche veloce come può esserlo il cinema di uno nato, come Khudujnazarov, nel 1965. E’ veloce nel montaggio quanto nei movimenti interni alle inquadrature, sempre agitate da qualcosa, sempre percorse da qualcosa – cavalli, aerei, carri armati, chiatte, pecore in volo, sidecar, ambulanze, macchine della polizia, tetti di case. Luna Papa è probabilmente un film da record nella categoria maggior numero di entrate ed uscite di campo. Si tratta di una agitazione che corrisponde perfettamente alla vitalità, al moto inesausto dei sentimenti dei suoi protagonisti. In perenne corsa e sempre pronti a reagire, febbrili e folli. Nel costruire il suo universo immaginario (il villaggio in cui è ambientato il film è stato totalmente realizzato dall’eccellente scenografo del film), Khudujnazarov procede per accumuli e flash, in modo eccessivo ma, alla fine, coerente. Tanto che, quando un toro piove dal cielo sulla testa di due personaggi uccidendoli, la cosa non ci pare solo accettabile, ma anche logica. E’ un risultato non male in un’arte come il cinema, che, come tutti sanno, ha molto a che vedere con il far attraversare delle inquadrature a degli animali (se non ci credete, provate a rivedervi Fiume Rosso di Howard Hawks). Per innalzare una pietra di paragone, il massimo cui è giunto il cinema italiano in questo settore è dato dal volo di un botolo dalla finestra di un ospedale nel peraltro non spregevole Il Grande Cocomero della Archibugi. Detto per inciso, il botolo non muore nemmeno, cosa che permette anche di realizzare una delle sintesi più azzeccate di quel film che mi sia stato dato di udire: è un film in cui un cane cade dal terzo piano e sopravvive. Per fortuna, in Luna Papa non c’è traccia di questo tipo di buonismo. Quando c’è da morire si muore (anche solo per una gazzosa).

Volevate la trama?
Va bene: magari siete abituati a “Ciak” e vi dà fastidio essere arrivati sino a qui senza averci capito niente del film. A parte che è molto meglio così, e che il mio compito dovrebbe essere al massimo quello di costringervi a ragionare sopra Luna Papa dopo che lo avete visto o magari di farvi venire voglia di vederlo, posso giusto dirvi in due parole che il film racconta le vicissitudini di una buffa ragazza tagika, una specie di Gelsomina (rivedere La Strada di Fellini) ex-sovietica, e della sua scombinata famiglia.

Due o tre cose che Bakthiar sa del cinema
L’esilità della trama (la ragazza rimane incinta e lei, padre e fratello disturbato cercano in ogni dove il misterioso padre) non rende giustizia al film, che è largamente più divertente, animato e intelligente della maggior parte delle cose che capita di vedere in sala. Se non vi è bastata come prova del talento di Khudujnazarov il fatto che riesca a far plausibilmente piovere manzi dal cielo (come le pietre sulla classe operaia, direbbe Ken Loach), vi posso anche dire che ha una bravura non comune nell’usare i suoni, e, quando si impegna, una grande capacità di sintesi narrativa (oltre a, va da sé, un buon occhio visionario). Riguardo ai suoni, bastano i cavalli all’inizio del film e gli aerei in entrata ed uscita per far capire che il regista tagiko ci sa fare. Non è ancora un sound designer come David Lynch, ma è sulla buona strada. Per quanto riguarda, invece, il talento narrativo, è sufficiente vedere l’ellisse semplicissima ma vertiginosa con cui Khudujnazarov mostra ad inizio film il fratello della protagonista importunare la collega della ragazza: due scene prima avevamo visto la ragazza regalare alla collega la foto di un celebre attore, ora vediamo che la ragazza ha già ritagliato la foto dell’attore e se l’è appuntata sul petto. Tempo e spazio sono estremamente comprimibili e manipolabili per Khudujnazarov. Dovrebbero esserlo per qualsiasi bravo regista, ma vallo a spiegare – vallo a spiegare a quelli che si deliziano di roba come The Blair Witch Project, prolisso e privo di logica narrativa, ridondante ed inutile.

Il ragazzo si farà
E poi Khudujnazarov ha solo trentacinque anni. Che per il nostro cinema sono praticamente nulla: è un adolescente per la media d’età dei registi europei. E quindi gli scusiamo le sbandate (il finale del film non sta molto in piedi, e non è un problema solo di pale di ventilatore), alcune ripetizioni e alcune perdite di ritmo, la superficialità di certe invenzioni che rimangono fini a se stesse. Ma sono, in fondo, difetti veniali. Luna Papa è un film divertente e godibile. Non possiamo che augurare un futuro radioso al suo regista (oltre a suggerirgli di adottare un nome d’arte: accidenti, non riusciamo a pronunciarlo, il suo cognome, nemmeno fosse come sarà l’ultima parola di questo articolo: Khudujnazarov).
© 2000 reVision, Fabrizio Bozzetti

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