Nuvole in viaggio – 30.04.04
venerdì 30 Aprile 2004, 20:55
Filed under: Cinemapiù 21,Video

Kauas pilvet karkaavat

di Aki Kaurismäki
con Kati Outinen, Kari Väänänen, Elina Salo, Sakari Kuosmanen, Markku Peltola
Finlandia-Germ.-Francia 1996 96’

Con “Kauas Pilvet Karkaavat” (Le nuvole se ne vanno lontano, verso d’una canzone sentimentale), Kaurismaki ha fatto un film bello, asciutto, semplice e denso, benissimo recitato da Kati Outinen e Kari Vaananen, sullo stesso tema di “The Van-Due sulla strada” di Frears e d’altri film del festival: la disoccupazione, problema cruciale di fine secolo e minaccia totale del Duemila, smentita di un altro valore delle nostre società, quello del lavoro, il più essenziale perché legato alla sopravvivenza fisica oltre che all’identità. La musica elegante e dolce suonata da un pianista nero in smoking (è il cognato del regista, vive con la sorella di lui in Svizzera) introduce la vicenda di una coppia, lui conduttore di tram, lei direttrice di sala nel ristorante “Dubrovnik”, comuni consumisti che stanno ancora pagando a rate il televisore, il divano e la libreria, coniugi laconici che si parlano poco. L’azienda tranviaria riduce le linee, il ristorante chiude, si trovano di colpo tutt’e due senza lavoro e senza salario, non sono più giovani, cominciano il percorso disperante della disoccupazione: i tentativi falliti di trovare un posto, il lavoro nero per un mascalzone che non paga, le sbronze di autoannullamento, le parole incrociate ai giardinetti, l’inutile ufficio di collocamento, le agenzie che vogliono soldi soltanto per dare nome e indirizzo d’un ipotetico datore di lavoro, le rate non pagate e il sequestro dei mobili, gli incontri tristi con altri disoccupati, la vendita dell’automobile, il riscatto dell’assicurazione sulla vita, il gioco d’azzardo rovinoso, le banche tirchie. Alla fine decidono tra mille difficoltà di darsi al commercio. Il ristorante “Il lavoro”, messo su con gli ex colleghi, è un successo. La conclusione è ottimista, il finale lieto: “In Finlandia e nel mondo la disoccupazione e i suoi effetti soprattutto psicologici sono talmente spaventosi, che in questo momento un film sull’argomento non può avere altro obiettivo che informare di più e dare un po’ di speranza”, spiega il regista secondo il quale “non intervenire su una simile catastrofe per il cinema sarebbe una vergogna”. Kaurismaki dice di richiamarsi a Frank Capra e a Vittorio De Sica di “Ladri di biciclette”, ma è personalissimo il suo stile raffinato fatto di realismo stilizzato, luci teatrali, ellissi, essenzialità brechtiana: nella sua apparente semplicità il film va molto nel profondo, è straordinariamente toccante.

La Stampa (17/5/1996) Lietta Tornabuoni

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