Marius e Jeanette – 02.04.04
venerdì 02 Aprile 2004, 01:00
Filed under: Cinemapiù 21,Video

Marius et Jeannette: Un conte de l’Estaque

di Robert Guédiguian
con Ariane Ascaride, Gérard Meylan, , Pascale Roberts, Jacques Boudet
Francia 1997 102’

«Si tratta di non girare nulla che non nasca direttamente dal cuore», scriveva Jean Renoir nel ‘36 a proposito del fiammeggianate cinema del Fronte Popolare. I sapori, i cortili e la solidarietà di quegli anni la ritroviamo in Guédiguian. Aggiornati e resi attuali da un autore appartato, un Ken Loach mediterraneo che dal 1980 a oggi ha girato sette piccoli film. Scegliendo di essere un marginale, di raccontare piccole storie del suo quartiere e di lavorare con gli amici d’infanzia, perché Marsiglia è il suo linguaggio. La vita quotidiana dell’Estaque è la vera protagonista del film e i personaggi sono persone reali. Il cortile su cui si affaccia la casa di Jeannette diviene il fulcro drammaturgico dell’azione: è lì che la vita scorre fra discussioni politico-esistenziali. I vicini di casa intervengono anche per rimettere insieme Marius e Jeannette, perché: «Non è il destino di nessuno essere infelice». Nemmeno di questi quarantenni cui è capitato di tutto e ogni progetto pare precluso. Eppure strappano l’amore con i denti. Lei terribilmente rassegnata: «Mi sembrava che il freddo entrasse dentro i sogni», dopo aver visto morire il padre al cementificio e aver perso l’uomo sotto un’impalcatura. Lui che pur di lavorare si finge zoppo e rimpiange moglie e figli morti in un incidente. Partendo da questa plumbea base il film avrebbe potuto precipitarci in un dramma (fuori tempo) da socialismo reale. Invece il “clima” è lieve e gioioso, si ride spesso e si rimane sedotti dalla voglia di vivere e dalla dignità che accompagna gli abitanti dell’Estaque. Abbiamo ritrovato anche echi dell’occhio pasoliniano nello sguardo di questo regista, franco narratore di storie comuni, di vite di quotidianità faticosa e precaria. Per intenderci, siamo agli antipodi di “Ovosodo”. Quella era un’operazione scaltra, studiata a tavolino, con il quartiere riempito di simpatici e innocui bozzetti e un bella patina di malinconia a ricoprire il tutto. Questa miscela disincanto e romanticismo, con una sceneggiatura (scritta dallo stesso Robert Guédiguian in collaborazione con Jean-Louis Milesi) che sta a metà strada fra una canzone di Jannacci e un saggio di sociologia. Senza prendersi mai troppo sul serio. “Come dice Céline: non ho più nessuna musica nel cuore per far danzare la vita” – annuncia ispirato l’ntelletuale del gruppo. “Céline chi? Mia cognata?” gli risponde il ruvido proletario.

Duel (1/3/1998) Massimo Rota


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