Dolls – 23.01.04
venerdì 23 Gennaio 2004, 19:32
Filed under: Cinemapiù 21,Video

di Takeshi Kitano
con Miko Kanno, Hidetoshi Nishijima, Tatsuya Mihashi, Chieko Matsubara, Kyoko Fukada
Giappone 2002 113′

Se Takeshi Kitano non fosse uno dei più grandi registi del cinema contemporaneo, Dolls sarebbe acclamato come un capolavoro. Essendo Takeshi Kitano uno dei più grandi registi viventi, Dolls é considerato solo un buon film d’autore certo importante, ma pesante e noioso. Schizofrenia del cinema e del suo destino. Come scrivevamo da Venezia, dove il film è stato presentato rastrellando i frutti di una frigida accoglienza, rea di aver tacciato di estetismo l’ultima fatica del maestro giapponese, con Dolls Kitano scrive la sua teogonia, dà vita compiuta e quadratura teorica a un mondo, quello che ha descritto in tanti e tanti film, da Hana-bi a Sonatine, da li silenzio sul mare a Brothers, che solo ora si riesce a cogliere nella sua vera essenza e completezza. Che Dolls sia una creazione lo si capisce immediatamente dall’esordio, ouverture poetica e filosofica del film. Le immagini si accendono su di una rappresentazione di marionette Bunraku che “mettono in scena”, esse stesse a loro volta messe in scena, I messi per l’inferno, opera del drammaturgo Monzaemon Chikamatsu. Ciascuna marionetta, alta più di un metro, é mossa da tre uomini che in perfetta coordinazione danno vita a questi esseri altrimenti inanimati; una coreografia di corpi vivi che danza la vita di esseri incapaci di un’esistenza autonoma e diretta. Kitano esplicita la premessa filosofica su cui si impernia il film. I messi per l’inferno si trasformano in tre coppie di personaggi che parallelamente vivono il loro destino come una condanna senza appello. Due ragazzi con lo sguardo perso nel vuoto percorrono, legati da una corda rossa, i viali di un viaggio che solo loro conoscono. Li chiamano i vagabondi legati. Erano amanti e promessi sposi, poi il mondo, sotto le spoglie della tradizione e del successo, li ha sottratti al loro destino, spogliati del loro amore e condannati alla pazzia. Ora espiano, si muovono come marionette, attraversando le stagioni come macchie di colore, il rosso autunno e il bianco inverno. Un altro amore impossibile aspetta da anni il suo fidanzato; ha la forma rigida di una donna ormai anziana che, fissa come un punto, aspetta da anni su di una panchina nel parco il ritorno del suo amato allora operaio ora yakuza affermato. Lo sguardo vuoto, gli occhi fermi non si volgono neanche il giorno in cui lui torna nostalgico nel parco in cerca della vita che non ha avuto e dall’amore che non amato. Il terzo é cieco. Un ragazzo si é cavato gli occhi dopo l’incidente che ha costretto la sua cantante del cuore aI ritiro dalle scene. Lei sfigurata non vuole farsi vedere ma ammette al suo cospetto solo il suo innamorato spasimante cieco. Uomini e donne come marionette. Kitano abdica all’ironia, sempre presente, benché sottile, nei suoi trascorsi, per una visione seria e apocalittica del mondo. Il genere umano è senza destino perché lo ha perso nella sua giovinezza. Non può più scegliere, bensì é scelto dal suo passato, dai suoi errori. La bellezza é l’unica salvezza e con essa l’arte come sua messa in scena. Kitano disegna le sue marionette eterodirette in un mondo che loro non sentono e non vedono più bello, accecate come sono dalla mediocrità di vite senza senso

l’Unità (1/11/2002) Dario Zonta

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