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Crna Macka, Beli Macor
di Emir Kusturica
con Bajram Severdzan, Florijian Ajdini, Srdjan ‘Zika’ Todorovic
Jugoslavia/Francia. 1998 120′

Magistrale divertissement diretto da Emir Kusturica (anche sceneggiatore con Gordan Mihic) dopo il successo e le feroci polemiche di Underground (1995), con annesso sostanziale esilio dalla Bosnia e da Sarajevo. Se Underground rappresentava una cesura fondamentale nella vita e nella carriera di Kusturica, Gatto nero, gatto bianco è insieme l’alba di un nuovo autore e l’ultima, tanto di maniera quanto straordinaria, opera d’arte del Kusturica che fu. Esagitato, forsennato, esilarante e irriducibile a qualsivoglia limite di forma, il film è un affresco e un meraviglioso omaggio al lato più vitale e assolato della cultura zingara. Non c’è la durezza della vita di Il tempo dei gitani (1988), c’è solo l’insopprimibile vitalismo di canaglie e maneggioni senza vera violenza, senza vero conflitto, senza il lato oscuro. Una pellicola solare e vitale, una fuga nella fantasia e nella bulimia compositiva per risollevarsi dal peso di un lavoro troppo grande e troppo sanguinoso come il precedente. Con Gatto nero, gatto bianco, il regista ha cercato di levitare, di alzarsi dal suolo senza peso come molti dei suoi eroi. Forse eccessivo, ma a tratti irresistibile. Leone d’argento per la miglior regia alla Mostra del Cinema di Venezia. Musiche di Vojislav Aralica, Nele Karajlic e Dejan Sparavalo.
LongTake

